Bettini: “Mi batterò affinché ritorni ad essere laica”; Mancuso: “Dobbiamo garantire la pienezza del diritto allo studio”
SIENA. “La scuola al primo posto”, è questo il titolo dell’incontro pubblico che si è tenuto ieri sera con i candidati LeU, Fulvio Mancuso e Loriana Bettini, insieme ad Anna Fedeli del centro nazionale Flc/Cgil. Il dibattito con al centro il mondo della scuola, ha visto anche la testimonianza di Palmina Dolce, che ha dato voce alla situazione attuale degli insegnanti precari.
“Noi vogliamo richiamare l’attenzione pubblica sulla nostra situazione – afferma Palmina. A rischio è la nostra professionalità per cui chiediamo un giusto riconoscimento attraverso la valutazione dei titoli. Quello che chiediamo a voi candidati LeU è un impegno in questo senso e la possibilità di avere dei riscontri nel tempo più breve possibile”.
“La scuola era un bene pubblico che tutti volevano salvaguardare – interviene Anna Fedeli – Oggi ci troviamo a dover fare i conti con delle false riforme che hanno rovinato la scuola, soprattutto la legge 107 che la colloca in un contesto strettamente aziendalista. Complici anche una serie di provvedimenti che non fanno altro che colpire la libertà dell’insegnamento, senza la quale la scuola muore, torna ad essere quella che era negli anni ’50 quando conservava un sapere ripetitivo ma mai critico. Ancora più pericolosi sono i decreti dell’anno scorso. Uno fra tutti quello che prevede la riforma degli organi collegiali. Noi chiediamo il ritiro della legge107 e insieme un investimento che ridia dignità al ruolo della scuola, cuore pulsante della democrazia di un Paese”.
“La situazione dei precari è il frutto di un’incapacità politica, a mancare è stata una visione di lungo periodo. Tutti questi pasticci non si possono risolvere solo sul piano giuridico, la soluzione deve essere politica. Il nostro è un progetto che mette al centro la scuola – aggiunge Loriana Bettini – Un attacco al lavoro pubblico è un attacco ai servizi. La scuola è uno strumento determinante per il cambiamento di un Paese e come tale va tutelato. Quello che dovrebbe essere un luogo di cultura, che dovrebbe stimolare un pensiero critico, accrescere il senso di cittadinanza, è oggi diventato un luogo meramente professionalizzante. Il processo di aziendalizzazione è strisciato nel mondo della scuola privandola del suo ruolo primario, lo stesso processo che ha dato origine all’alternanza scuola-lavoro. Un progetto giusto ma utilizzato a mio parere nel modo sbagliato.
Per quanto riguarda la privatizzazione dei servizi, essa è già di per se’ una cosa grave, quando si tratta della scuola lo è di più. L’accesso deve essere libero, perché il solo contatto con la conoscenza, anche se minimo, aiuta a diventare un cittadino migliore. Mi batterò perché la scuola ritorni laica.”
“Il nostro cammino è un atto di umiltà per ricostruire la sinistra – aggiunge Fulvio Mancuso – avendo preso coscienza che di fronte alle storture del mondo si è voluto troppe volte esaltare l’individuo per mascherare la progressiva distruzione dei diritti sociali. Questo è stato il grande inganno delle politiche neoliberiste. Quello che è avvenuto nel corso degli anni è stato un vero e proprio assalto alle strutture sociali del Paese, tra cui la scuola appunto. La cosa più semplice è ripartire dalla Costituzione per la scuola così come per la cultura. Quella dell’articolo 9 della Costituzione, per esempio, è la storia di un grande tradimento. Esso promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca, e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. L’Italia, pur possedendo un immenso patrimonio storico-artistico e archeologico, investe nella cultura solo lo 0,7 % del Pil. Siamo al 23^ posto in Europa.
Quella dell’Università, mondo in cui lavoro da anni, è una vicenda fatta di soltanto di tagli, iniziata con Tremonti. Il personale italiano addetto alla ricerca è la metà rispetto a quella della Francia e dell’Inghilterra, e un terzo della Germania. Si contano 5 ricercatori ogni mille occupati, quando la media europea è il doppio. La nostra fortuna è quella di avere ricercatori bravi che riescono a intercettare più risorse nonostante la mancanza di investimenti, la nostra è la più bassa percentuale. Del Fondo finanziamento ordinario più volte tagliato, poi, oggi il 30% va alle Università sulla base della qualità della ricerca, quando in realtà la parte premiale dovrebbe essere costituita da risorse aggiuntive.
Per quanto riguarda le tasse universitarie, mi rendo conto che la proposta di eliminarle possa suonare strana a molti: in realtà è un modo per far arrivare il messaggio che la porta deve essere aperta a tutti e l’equità sociale, poi, si recupera con una maggiore progressività fiscale che alleggerisca o esoneri i redditi medio-bassi. E soprattutto si deve realizzare la pienezza del diritto allo studio, anch’esso costituzionalmente garantito. Eliminiamo i luoghi comuni secondo cui ci sono troppi laureati perché non è vero: l’Italia, con con il suo 26% di laureati tra i giovani, si classifica al penultimo posto in Europa.”