ROMA. La Brexit potrebbe avere conseguenze ben più pesanti sull’economia del Regno Unito rispetto a quanto si ipotizzava nei primi mesi dopo il referendum. Non si tratta, ad esempio, solo di perdere i finanziamenti europei per l’agricoltura (che sostengono le aree economicamente più depresse del Paese) o di veder chiudere le fabbriche dei costruttori automobilistici che avevano puntato sull’Inghilterra per delocalizzare i propri siti produttivi nell’area EMEA. La Brexit potrebbe avere conseguenze anche sul settore chiave nell’economia del paese di Sua Maestà, la finanza.
Le banche della City sarebbero pronte a spostare le loro sedi e i loro uffici europei, lasciando solo quelli che si occupano degli affari nel Regno Unito. Si tratta di un naturale riposizionamento delle attività dal momento che la Gran Bretagna si appresta ad uscire dall’Unione Europea. Questo “trasloco” rischia di avere un prezzo finale elevato per il Paese, soprattutto per quanto riguarda i posti di lavoro che l’UK andrebbe a perdere. Secondo alcuni analisti, lo spostamento delle sedi delle principali banche da Londra – che attualmente si trovano nella City, ma anche Canary Wharf – potrebbe portar via ben 9.000 posti di lavoro.
Questo scenario a Londra ha iniziato a creare timori e preoccupazione, mentre nei principali centri finanziari dell’UE ha dato il via ad una vera e propria competizione per accaparrarsi quei posti di lavoro. Una competizione fatta al fine di creare le migliori condizioni economiche ed amministrative per favorire il trasferimento dei grandi gruppi bancari.
Tra le città in lista ci sono Francoforte, la capitale finanziaria della Germania, ma anche Parigi, che dispone già di uno sviluppato distretto finanziario, Milano, la cui borsa è associata a quella di Londra, il Lussemburgo e Dublino, che vanta da sempre una tassazione favorevole.
Francoforte è ovviamente in pole positon, dal momento che è sede non solo della borsa tedesca, ma anche della Banca Centrale Europea. Certo, le dimensioni della città non sono minimamente paragonabili a quelle di Londra e per le migliaia di lavoratori abituati alle zone più trendy della capitale inglese potrebbe essere un po’ traumatico ritrovarsi in una città che in Germania ha la fama di essere tra le peggiori per la vita sociale. Infatti, una buona parte di chi vive a Francoforte – già oggi – lo fa solo per lavoro e per business, quindi spesso nel weekend torna a casa. La banca americana Citigroup ha già annunciato il trasferimento della sede europea, con l’insediamento di circa 150-200 dipendenti, anche se per il momento manterrà l’iconica sede londinese a Canary Wharf.
Anche Parigi sta cercando di entrare nella partita, ma si trova a fronteggiare un ostacolo in più, quello linguistico. La maggior parte delle aziende e delle istituzioni francesi, che andrebbero a costituire il tessuto sociale di appoggio per le banche, non è molto internazionale. E così il presidente Macron sta correndo ai ripari con l’istituzione di un tribunale internazionale (che tratta controversie in inglese) e con la creazione di tre nuove scuole internazionali, pensate per i figli degli impiegati.
Ma la Brexit non coinvolge solo i banchieri e gli operatori di trading che operano per i grandi colossi internazionali. Anche gli operatori indipendenti che utilizzano piattaforme online o un conto demo di trading potrebbero essere forzati a cambiare modo di operare una volta che il Regno Unito sarà fuori dall’Europa. Insomma, per la finanza quello della Brexit potrebbe essere un’onda che va ad impattare a tutti i livelli, dal piccolo investitore alla grande corporation.
Non possiamo dire oggi come si evolverà il settore nei prossimi anni alla luce di un cambiamento epocale come quello apportato dalla Brexit. Indipendentemente da quale sarà la sede scelta dalle banche internazionali, per il settore sarà un nuovo inizio all’interno di un nuovo contesto internazionale.