"Che accadrà quando cesserà di esistere e le chiamate forse dovranno giungere direttamente ai reparti?"
SIENA. Dal circolo Sena Civitas riceviamo e pubblichiamo.
“Incredibile ma vero, nella sanità lo scompiglio gestionale ormai dilaga anche nei lavori appaltati all’esterno. Prendiamo ad esempio il CUP. Al mattino le chiamate in attesa superano il numero di 70 e non vengono smaltite per la carenza di organico rispetto al numero di operatori previsto. Infatti, le postazioni non sono mai tutte coperte per mancanza di rimpiazzo delle numerose assenze. L’utente, trattandosi di sanità, deve quindi essere “doppiamente paziente” e rassegnarsi a interminabili attese .
Va inoltre considerato che il personale addetto deve richiedere una serie sempre più numerosa di dati che, inevitabilmente, rendono maggiore il disservizio (fascia di reddito, esenzione, quesito diagnostico, prima visita di controllo, numero prenotazione ecc), con lamentele rivolte ad interlocutori non certo responsabili dell’emergenza strutturale.
La domanda che si pone è relativa alle norme contrattuali dell’appalto, perché viene spontaneo pensare che non vi siano inserite garanzie di adeguata copertura di organico per un servizio efficiente.
Cosa mai succederà quando il CUP cesserà di esistere da aprile 2018 e le chiamate forse dovranno giungere direttamente ai reparti, considerando, in questa ipotesi già sperimentata negativamente nel passato, che spesso chi chiama ha necessità di più prestazioni? Oppure i pazienti dovranno recarsi dal loro medico che fungerà da centralinista fissando e disdicendo appuntamenti? E per l’intramoenia un centralino a parte?
Per questo riteniamo opportune, sul presente, verifiche contrattuali e, rispetto ai progetti futuri, una ancora più attenta valutazione che deve necessariamente assicurare una elevata qualità del servizio e non essere l’ennesimo tentativo di economie davvero marginali.
Non si risparmia sulla salute dei cittadini e se la sanità ha sprechi, molti derivano dalla scelta di non accentrare a livello nazionale le forniture e da un sistema in cui “sovente” la meritocrazia non sembra essere il criterio per garantire ruoli”.