di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Il dibattito politico a Siena ormai corre sul filo della connessione. Soffermarsi per qualche minuto della giornata a sbirciare i profili dei nostri politici nostrani (o spacciatisi per tali) è davvero come assistere ad una tribuna organizzata da un’emittente di bassissimo livello. Ma la curiosità, a volte, è più forte dell’assennatezza! E così ci si ritrova a leggere il battibecco tra il vicesindaco di Siena Fulvio Mancuso ed il sindaco di Chiusi Juri Bettollini. Ad un post riflessivo del primo sull’assenza o quasi di primarie per la scelta dei candidati a sindaco del Pd nei capoluoghi che andranno al voto in tutta Italia, Bettollini si erge a paladino di non si sa bene quale funzione democratica e difende il suo partito contro l’ormai rivale (o traditore). Bettollini scrive: “Aspetta un attimo che non ricordo bene…… ma come sei stato scelto tu per il ruolo che ricopri? Quanti voti hai preso? Ho un vuoto di memoria scusa”. A nulla sono valse le spiegazioni di Mancuso che ha richiamato alla norma per cui, per Comuni sopra i 15 mila abitanti la scelta del vicesindaco viene fatta tra i nuovi assessori, alcuni anche a chiamata diretta. Bettollini ha rincarato la dose “Quando, per una volta ti candidi e prendi i voti, se ne riparla”. Direi un’ottima dialettica su temi di rilievo! In perfetto stile renziano. Sempre il vicesindaco è stato pungolato da un altro post a firma Gianni Porcellotti. Sempre questione primarie; sempre stesso metodo. Candidati tu e così puoi parlare. Subito corretto con “Già sei uscito dal pd”.
Questa guerra a Mancuso, reo di essere uscito dal Pd ha davvero dell’infantile. Una robetta che non avrebbe neppure motivo di essere riferita se non fosse accompagnata da cose ben peggiori.
Anche in Comune l’isolamento del vicesindaco ha subito un’accelerazione da quando questi ha scelto di entrare in Mdp. E non per ragioni di diversa appartenenza partitica – come avrebbe voluto il consigliere Stefano Scaramelli – bensì per ragioni ben più concrete ed opportunistiche.
Il vicesindaco Mancuso vola veloce verso la riconsegna delle deleghe al commercio e alle partecipate. Una scelta “spintanea” maturata in seguito all’atteggiamento del sindaco Valentini. Un sindaco che pare diventare sempre più autoreferenziale. La vicenda di via Montanini è stata il segno di rottura con Mancuso, il quale di quella storia (gestita da Valentini e dall’assessore Mazzini) non sapeva nulla. Inezie…. E’ piuttosto sulle partecipate che si sta giocando la partita più delicata. Estra, per esempio e (ipotizziamo) la riconferma di Alessandro Piazzi alla carica di amministratore delegato. Pare che qualche incontro per definire questa riconferma ci sia già stato, in perfetto stile ancien regime. Il “candidato”, del resto, è un personaggio vicino a C., in auge da tempo: più o meno dai tempi tanto odiati a Siena. I tempi del “Sistema Siena”, del “groviglio armonioso” e della incompetenza servile al potere di quelli furbi. A questi incontri il vicesindaco, con delega alla partecipate, pare non sia stato invitato.
Il sindaco vorrebbe mettere in mostra la sua forza con una duplice operazione: esautorare il suo vice, ormai inviso ai vecchi e nuovi del Pd in felice connubio, facendo così vedere che lui ci sa fare con i fuoriusciti, e fare un favore ai “vecchi” (e forse anche ai nuovi) lasciando al suo posto il Piazzi. La cosa è più seria di quanto non lo siano le punzecchiature su FB, ma il livello non cambia di una tacca!
E dire che il vicesindaco sarebbe facilmente attaccabile dal punto di vista politico, per i suoi passati incarichi e per i suoi legami con i passati dinosauri della politica senese… ma questa è altra (e alta) politica. Questa pseudo-politica si definisce da sola. Piccola, talmente piccola che soffermarsi a pensare che, proprio questa, si stia occupando del futuro di Siena e della sua provincia, in questi anni così difficili, lascia un senso di sconforto irrimediabile. Non ci sono dibattiti su progetti, su piani di sviluppo, su idee per uscire dalla crisi. Nulla di tutto questo, neppure lontanamente. Qui si parla sempre di poltrone, di gestione del potere, di carriere politiche, di autosalvezza. In quest’ottica pensare di celebrare degnamente il 25 aprile e poi il 1° maggio diventa un sforzo intellettuale quasi titanico.
Verrebbe da mollare tutto e ritirarsi a vita privata. La tentazione è forte. Ma poi, riflettendoci, a chi si lascerebbe il proprio posto? Sempre agli stessi? Agli yesman e woman sparsi in vari posti strategici? Alla maggioranza di quelli che, certamente, andranno a votare alle primarie del 30 aprile per rispondere ai loro referenti più alti in grado? O agli apatici, agli isolati, agli indifferenti o peggio, a coloro che attendono, pazienti e genuflessi, che si liberi un posto anche per loro al banchetto delle nomine?
Il 25 aprile. Si è sollevata un forte polemica in questi ultimi giorni in città. L’inaugurazione della sede di Forza Nuova a Siena ha prodotto dubbi, indignazione, proteste, rabbia. E giù polemiche, scontri tra tifosi della destra e della sinistra. Ma non della destra e della sinistra illuminata, moderna, progressista. Troppo impegnativo! Stiamo parlando della destra e della sinistra più vecchia e retriva, quella, per capirci, dei lontani anni ’70. Giù a rinfacciarsi il sangue di questa o di quella dittatura… come se, il carattere cromatico determinasse la bontà o meno della violenza, della oppressione dei popoli. L’ignoranza si è scontrata con l’ignoranza a livelli imbarazzanti. E, come sempre, ad abbassare il livello già basso, ci si mettono anche i politici del calibro di Lorenzo Rosso. Sul suo profilo FB critica, ovviamente, l’intervento di Bezzini e Scaramelli sull’apertura della sede di Forza Nuova a Siena. I commenti non mancano e ci si divide tra nostalgici del regime e sostenitori di una visione meno totalitaria della storia. Il Rosso pare divertirsi tra i suoi sodali e ci va giù pesante: “Intanto ripeti con noi “il comunismo è una merda – il comunismo è una merda -…” ecc. Su su… da bravo”, rivolto ad un moderato critico. E poi ancora: ” Ah ah… a questo ci vuole un bicchiere di olio…”.
Non sono una della schiera dei nostalgici. Rabbrividisco al pensiero della violenza che gli uomini possono scatenare contro altri uomini ed il fascismo non ha brillato per il suo spirito pacifista. E’ stata una dittatura dalla quale l’Italia si è smarcata non senza gravi e numerose perdite di vite, che adesso vengono offese dall’agito di un popolo allo sbando. L’olio, di cui parla, scherzando (?), Lorenzo Rosso, è stato uno dei tanti modi di “punire” e umiliare chi non la pensava come il regime. E francamente ci trovo ben poco di divertente. Non posso guardare con occhi sereni tutti questi giovani che, preferibilmente vestiti di nero, scimmiottano il saluto fascista e si fregiano della figura del Duce. Ma la domanda che mi sorge spontanea è: perchè si rimpiange un regime violento, antisemita e causa di guerre e distruzioni? Cosa non ha funzionato nel dopo Liberazione? Chi non ha tenuto alti i valori della Resistenza? Chi non ha saputo trasmettere alle giovani generazioni il senso della solidarietà civile, della democrazia, della libertà di pensiero, dell’uguaglianza, della dignità del lavoro e della persona, dell’impegno della collettività, dell’onestà e della responsabilità degli amministratori della cosa pubblica? Chi è il responsabile di questo vuoto ideologico, di questa assenza di consapevolezza dell’identità nazionale (che non è nazionalismo)? Colpa dei padri e delle madri dei nostri tempi, che non hanno raccontato il passato recente di questo Paese. Colpa delle istituzioni che, salvo qualche slogan sul ricordo e qualche noiosissima iniziativa per il giorno delle celebrazioni, non hanno saputo spiegare, insegnare, informare. Colpa, ancora una volta, dei politici, di destra e di sinistra, che hanno snaturato a tutti i livelli la nostra democrazia, rendendola una barzelletta. Colpa della corruzione, del potere esercitato senza competenze e senza altruismo. Colpa del nepotismo e della “Repubblica degli amici”, che ha creato piccole dittature in ogni realtà italiana. Sei un amico? Chiedi, e ti sarà dato. Sei un nemico? Ti verrò contro in ogni occasione. Colpa della dignità calpestata dei più deboli e della politica della solidarietà rimasta sulla carta. Colpa dell’ingiustizia sociale che si respira e della mancanza di futuro ricaduta senza responsabilità dirette sulle ultime tre o quattro generazioni. Ma, come al solito, nessuno è pronto a fare autocritica. E’ molto meglio la posizione di chi si fa portatore di chiacchiere. Da destra e da sinistra.
La storia insegna: dove c’è crisi non solo economica ma dei valori, lì crescono la violenza, la rabbia, l’intolleranza, l’ignoranza e le camice nere (o anche rosse, tanto per non fare politica bassa come i suddetti). Le dittature attecchiscono sul disagio delle masse.
Assurgere a difensori dell’antifascismo va bene se, nella vita, si è agito secondo ideali antifascisti. Se si è difeso e tutelato sempre la libertà degli altri, la dignità degli altri, se si è agito per il bene della collettività, in trasparenza, senza arroganza, con uno spirito di servizio che travalica e supera ogni altro sentimento. E dove si trova uno con queste caratteristiche, oggi?
Avanti (e non L’Avanti, quotidiano del Partito Socialista Italiano, diretto dal socialista Benito Mussolini, per volontà del mio compaesano, Domenico Fioritto!) uomini e donne davvero intimamente, profondamente, antifascisti. Fatevi avanti, i tempi sono più che maturi per una nuova Resistenza. Da Siena e lungo tutta l’Italia.