(ovvero quando "tardi" non è meglio che "mai")
di Silvana Biasutti
SIENA. Ho incontrato il professore Becattini tra le pagine de Il Sole24ore, nei primi anni novanta, in un articolo illuminato e illuminante – “Le uova d’oro del made in Italy”, che conservo tra i miei ritagli irrinunciabili – debitamente sottolineato e risottolineato, che fa parte degl”nell’ambito del turismo e delle politiche legate alla cultura (turismo lento, legami ritrovati tra paesaggio culturale e produzioni tipiche), con riscontri politici decisamente negativi.
Giacomo Becattini è sempre stato sullo sfondo del mio lavoro in quel contesto; non è solo quel foglio stazzonato de Il Sole a testimoniarlo. Sapevo – usciva da tutte le ricerche – che il legame antico tra la forma della terra, il clima e le attività umane (artistiche e artigianali) indissolubilmente legate ai diversi contesti, facevano (avevano fatto) dell’Italia un paese – mosaico di talenti peculiari: tanti, diversi, unici. Sapevo, e il professore analizzava con fervore e precisione, che tutti i distretti che si erano venuti a formare nei secoli erano all’origine del made in Italy e di tutta la mitologia ad esso collegata e che da lì prende l’avvio.
Sapevo anche che l’insieme di tutto ciò era preziosissimo, era qualcosa da valorizzare, da mettere in evidenza senza tentare imbastardimenti, sfruttamento politichese e rimescolii.
Il legame tra i pensieri di Tullio De Mauro, sulla nostra lingua e Giacomo Becattini sul divenire dei distretti in Italia rimane qualcosa di robustamente collegato; i due professori ci hanno lasciato a distanza di poco, uno dall’altro, il loro lavoro è un’eredità di valore strategico.
Due eredità da tenere in gran conto, da usare con lealtà verso il nostro paese, da coltivare per quel futuro che continua a sfuggirci di mano e per uscire dal buco nero del pressapochismo diffuso. Meglio presto che poi.