Il debito di 7,9 miliardi era conosciuto, Draghi disse ugualmente "sì" all’acquisto
SIENA. Il Corriere della Sera pubblica oggi nell’edizione fiorentina un articolo in cui si parla dell’esborso “monstre” di Mps per l’acquisto di Antonveneta e del fatto che Bankitalia era a conoscenza anche del debito che gravava sulla banca veneta, ma che comunque Draghi dissì “sì” all’acquisto. Niente di nuovo sotto il sole, si dirà, ma tanto per rinfrescare la memoria…
L’affare Antonveneta è costato oltre 17 miliardi al Monte dei Paschi (nove miliardi il prezzo pagato a Santander , più altri 7,9 miliardi per il debito di Antonveneta con Abn Amro), ed è questa operazione che alla base della situazione attuale della banca per la quale è intervenuto lo Stato con il decreto del Governo Gentiloni. Naturalmente non vanno dimenticati, nel dissesti Mps, i 47 miliardi di Npl, non performing loans, i famosi “crediti deteriorati”.
Fu l’allora Governatore di Bankitalia, Mario Draghi a firmare l’autorizzazione all’acquisto per 9 miliardi — e il conseguente aumento di capitale per 6 miliardi – ma il debito di Antonveneta con Abn Amro non poteva non essere conosciuto a Palazzo Koch, perché ne fa riferimento il rapporto conclusivo dell’ispezione di Bankitalia, effettuata in Antonveneta dal 6 luglio al 14 dicembre 2006, con «giudizio prevalentemente sfavorevole». Nel documento conclusivo dell’ispezione, il 9 marzo 2007 — un anno prima dell’autorizzazione all’acquisto — gli ispettori di Bankitalia scrivono su Antonveneta: «Sostanzialmente adeguati sono apparsi i profili patrimoniali e di liquidità anche per effetto del sostegno assicurato dalla capogruppo Abn Amro». “Quanto costava quel «sostegno» di Abn Amro, è descritto dal prospetto informativo di Banca Mps del 28 aprile 2008, in cui si legge: «Il prezzo pattuito per l’acquisizione (9 miliardi, ndr) sarà corrisposto da BMPS a Abn Amro cassa. Inoltre Banca Antonveneta presenta alla data del 1 aprile 2008 un passivo di circa euro 7,9 miliardi, finanziata dalla controllante Abn Amro, che a seguito del closing dell’acquisizione sarà finanziato dal Gruppo Mps». È il secondo campanello d’allarme — dopo il documento degli ispettori del 9 marzo 2007 — che Banca d’Italia e Consob lasciano squillare senza bloccare l’acquisto di Antonveneta. Che era stato formalmente autorizzato da Bankitalia, quaranta giorni prima la diffusione del Prospetto della banca senese, ma che a quella data — il 28 aprile 2008 — non era stato perfezionato con il pagamento. La prima rata sostenuta da Mps per l’acquisto è infatti del 30 maggio 2008.La Procura di Siena il 28 settembre 2012 (4 mesi prima dell’ok di Bankit) interroga Anna Maria Tarantola, responsabile nel 2007-2008 dell’Area Vigilanza di Banca d’Italia con ruolo di coordinamento dei vari servizi, anche sull’attività della vigilanza sugli enti creditizi. In quell’interrogatorio Tarantola riferisce di un incontro avvenuto il 22 novembre 2007 con i vertici del Monte dei Paschi: «Il problema della liquidità era dovuto alla circostanza — riferisce Tarantola ai magistrati senesi — che vi erano linee di credito di Abn Amro per circa 7,5 miliardi di euro e Mps avrebbe dovuto subentrare in tali linee»”.
Continuando la lettura: “Il 26 novembre 2007, si svolge una riunione in Banca d’Italia, nell’ufficio del governatore Mario Draghi. Ci sono i vertici di Mps, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, Draghi e Tarantola. Ne dà notizia, nell’interrogatorio ai magistrati senesi, la stessa Anna Maria Tarantola, che conclude così la sua deposizione: «Ci raccomandammo con i vertici senesi di fare per bene l’acquisizione». Non è dato sapere se in quell’occasione si parlò di quei 7,9 miliardi che Mps avrebbe dovuto aggiungere ai 9 miliardi per l’acquisizione di Antonveneta. Su tutto questo il sostituto procuratore Gianfranco Cirielli ha chiesto l’archiviazione in merito alle eventuali responsabilità di Banca d’Italia e Consob. Il Gip Damizia, dopo l’udienza che si è svolta il 13 ottobre scorso, si è riservato di decidere”.
All’archiviazione si oppongono i piccoli azionisti di Mps, tutellati dall’avvocato Falaschi.