Guardiamo in faccia il "populismo"
di Silvana Biasutti
SIENA. Credo che il terremoto che tutto incrina – case, strade, montagne e certezze – sia una discreta metafora di un cambiamento epocale di cui si scrivono pagine infinite su tutti i giornali.
Proprio come il terremoto, le elezioni e gli altri segnali che svelano reazioni della gente e di interi popoli – così diverse da quelle a cui eravamo abituati – sono la manifestazione di un subbuglio sotterraneo che si è andato accumulando e che ora ‘rilascia’ l’energia con un sommovimento che sembra cogliere alla sprovvista tutti gli osservatori.
Si pensava forse che, continuando a tenere la testa voltata dall’altra parte facendo finta di niente, tutti i sentimenti sarebbero stati messi a tacere? Forse quelli che scrivevano che bisogna attutire le diseguaglianze, diminuirle… o forse quelli che scrivevano che la gente è spaventata, insoddisfatta, arrabbiata, sfiduciata… o forse quegli altri che scrivevano che la sinistra non c’è più, e se è per quello nemmeno la destra, anzi non ci sono più i partiti, né avrebbe senso che ci fossero ancora… Forse quelli che hanno scritto per un intero lustro, in un crescendo che farebbe impallidire Rossini, che la corruzione, gli inquisiti, i miasmi che salgono dagli accoppiamenti tra capitani coraggiosi e pallidi politici, hanno reso irrespirabile la cosiddetta democrazia… forse che tutti costoro hanno detto, scritto e dichiarato tanto per fare qualcosa?
C’era una volta (tanto tempo fa) l’idea di una parte che teneva d’occhio gli interessi dei lavoratori; di un’altra che presidiava i datori di lavoro poi c’erano altri che dedicavano la propria attenzione a diverse sfumature tra l’una e l’altra parte. Ma poco a poco, in mezzo a fumi, puzze, lampi e smagliature, anche i meno sospettosi e dietrologi si sono resi conto che la vera verità è un’altra: una grandissima voglia di soldi, lusso, e tutto ciò che i soldi possono consentire ha fatto dimenticare il “lavoro”, le “idee”, l’”ingegno” e l’impegno.
Tutti possono fare tutto, cioè avere e apparire, senza peraltro essere (citando Erich Fromm), cioè senza lavorare, imparare, crescere e costruirsi un’esperienza tale da divenire “gli esperti”.
Tant’è che dell’inesperienza si è addirittura fatto un merito, una ragione di nomina.
Va bene, va tutto bene, ma poi non ci si deve stupire se la gente quando va a votare o quando deve ascoltare qualcuno fa scelte “populiste”. In realtà la gente non sa più a che santo votarsi o per che santo votare; perché di santi non se ne vede l’ombra.