"Negate le condizioni minime per procedere"
MILANO. “A tre settimane dall’assemblea ancora non è stato possibile avviare alcun approfondimento. La nostra era una proposta seria di risanamento e rilancio, che avrebbe dato un ruolo centrale anche agli attuali azionisti. Ci sono state negate le condizioni minime per procedere”, dice l’ex ministro in una lettera inviata alla banca.
Il ritiro della proposta, scrive, è dovuto “all’atteggiamento di totale chiusura” della banca; secondo Passera primari investitori istituzionali avevano già manifestato interesse ufficiale per 2 miliardi di euro. Nella sua lettera si legge: “con grande rincrescimento vi comunico in accordo con gli investitori che rappresento, che l’atteggiamento di totale chiusura che la banca ha dimostrato nei nostri confronti ci costringe oggi a ritirare la nostra proposta presentata il 13 ottobre: ci sono state infatti negate le condizioni minime per condurre il normale percorso volto a rendere definitiva e impegnativa tale proposta. Il carteggio tra noi e la banca delle ultime settimane mostra che abbiamo fatto richieste usuali e in linea con le prassi di mercato per operazioni di questo genere, mentre la banca ci ha risposto ponendo condizioni impraticabili e consumando metà del già poco tempo a disposizione. Questa chiusura esplicita nei confronti della nostra proposta ci pare contraria all’interesse della banca e di tutti i suoi azionisti”.
“Per poter arrivare ad una proposta definitiva e impegnativa prima dell’assemblea – continua la lettera – abbiamo chiesto di poter validare con i vertici della banca le nostre ipotesi di lavoro al momento basate su dati pubblici e di poter approfondire alcuni temi fondamentali per qualsiasi investitore – prima di tutto la qualità del portafoglio crediti – temi che andrebbero comunque chiariti al mercato. La chiusura a tali approfondimenti è stata evidente”.
“Da subito ci è stato richiesto di interrompere ogni contatto con investitori e intermediari e di passare i loro riferimenti alla banca che li avrebbe contattati direttamente. Abbiamo dato la disponibilità a chiedere il permesso agli investitori – legati da patto di riservatezza con noi – di trasmettere i loro riferimenti alla banca, ma abbiamo rifiutato lo standstill totale che la Banca ci richiedeva perché paralizzante per noi. Successivamente la stessa banca ha ritenuto di ritirare tale richiesta, palesemente eccessiva, che ha avuto l’unico risultato di far passare del tempo in modo infruttuoso per tutti”.
Per quanto riguarda la due diligence “abbiamo chiarito che non avremmo voluto avvantaggiarci di nessuna informazione esclusiva e che tutti gli approfondimenti concessi a noi potevano/dovevano essere forniti anche agli altri potenziali investitori e al mercato. Abbiamo cioé richiesto di seguire una procedura tipica di dual track. Ci è stato detto di attendere un information package standard del quale ad oggi non abbiamo ricevuto né l’indice dei contenuti, né le tempistiche per poterne usufruire”.
“Accettata da parte nostra l’ipotesi di partire dal information package standard, ci è stato imposto un nuovo divieto, incomprensibile in una operazione di M&A: non avremmo potuto condividere le informazioni ricevute con i nostri investitori, anche se resi noti alla banca e sottoposti allo stesso nostro vincolo di riservatezza”.
Corrado Passera ha chiesto a Mps di presentare all’Autorità di vigilanza europea “la nostra proposta per poter eventualmente correggerla o integrarla. Anche su questo punto la resistenza è stata totale e sempre basata su affermazioni non comprovate da elementi oggettivi e che non trovano riscontri in esperienze precedenti: ‘La Banca ci ha detto che la nostra proposta non sarebbe abbastanza solida per essere presentata alla Bce. Premesso che questo è un giudizio che è prerogativa della Bce, ricordiamo che stiamo parlando di un Piano d’Impresa molto dettagliato (che avremmo volentieri presentato, ma non ci è stata data la possibilità); di lettere di interesse ufficiali da parte di primari investitori internazionali per circa 2 miliardi di euro (che, come previsto nella nostra lettera, avremmo messo a disposizione della banca appena firmato il patto di riservatezza) e dell’assunzione di un impegno a garantire l’aumento di capitale in opzione agli attuali azionisti per 1-1,5 miliardi di euro”.
La banca, prosegue Passera, “ci ha detto che la Bce ha approvato solo l’attuale impostazione e che la nostra proposta di aumento di capitale immediato di 3,5 miliardi non sarebbe stata presa in considerazione. Come detto, tale giudizio è prerogativa della Bce e appare inopportuno che la banca parli a suo nome, escludendo che la Bce possa nemmeno esaminare altre alternative. Confermiamo il nostro convincimento che la banca necessiti di una ripatrimonializzazione complessiva per almeno 5 miliardi in tempi brevi ma, ovviamente, saremmo anche disponibili a tener conto delle richieste della Bce rispetto alle modalità per raggiungere tale obbiettivo. Peraltro, la differenza in termini di effetto patrimoniale ‘netto’ delle due proposte già oggi si riduce fortemente una volta tenuto conto di tutti gli oneri realizzativi, diretti e indiretti, che le due proposte comportano”.
E’ poco ambizioso “puntare ad un Cost/Income del 55% tra tre anni (stesso dato del primo semestre 2016) e non consideriamo credibile un costo del credito ‘in picchiata’ come quello previsto (addirittura 55bps) neanche spostando da subito a sofferenza ulteriori 4.4 miliardi di UTP come da noi proposto. Considerazioni simili potrebbero essere fatte sul costo del funding. Il settore bancario, inoltre, sta cambiando profondamente e il piano presentato tiene conto secondo noi solo parzialmente di questa discontinuità strategica”.
Siamo convinti, prosegue la lettera che gli azionisti “debbano avere un ruolo maggiore di quanto viene oggi proposto nel progetto della banca: se si procedesse con la conversione dei subordinati per gli ammontati previsti e con un Book Building concentrato in alcuni anchor investor, gli attuali azionisti sarebbero sostanzialmente azzerati. Noi proponiamo, invece, di destinare una quota rilevante dell’aumento di capitale – 1-1,5 miliardi – in opzione agli attuali azionisti per dar loro la possibilità di partecipare al notevole apprezzamento della banca che consideriamo possibile”.
“Siamo convinti che il valore intrinseco della Bad Bank alla quale si potrebbe dare vita, debba rimanere agli azionisti – vecchi e nuovi. Il piano della banca prevede invece l’assegnazione dei titoli junior del veicolo ai soli soci attuali e la cessione a terzi della ‘servicing unit’, rendendo di fatto l’operazione meno attrattiva sia per i nuovi azionisti che per quelli attuali. Il portafoglio di sofferenze da cartolarizzare e la cosiddetta ‘servicing unit’ possono dar vita ad un operatore leader nel suo settore e il suo valore non andrebbe, secondo noi, disperso al di fuori dell’azionariato. Per quanto riguarda le modalità della cartolarizzazione, siamo convinti che negoziandola immediatamente dopo l’aumento di capitale e realizzandola in più veicoli (distinti per tipologia di asset, controparte, geografia), si potrebbero ottenere risultati migliori a costi inferiori e con minori rischi per la banca”.