Quaranta pagine in cui si illustra da dove partire per risollevare le sorti dell'Università di Siena
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di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA. Il Magnifico Rettore – se l’appuntamento non è stato rinviato per cause di forza “politica” maggiore – in queste ore sta illustrando al PdL cittadino le linee strategiche per ripianare i debiti dell’Ateneo. Si chiama Unisi2015 il piano di risanamento che dovrebbe rilanciare l’immagine prima ancora delle finanze dell’Università senese. Quaranta slide in cui, conti alla mano, si mettono le basi per rimediare al disastro prodotto da anni di cattiva amministrazione. Un disastro che è anche sotto gli occhi della magistratura ormai da 28 mesi ovvero dal giorno in cui i libri contabili sono stati portati in procura dall’allora rettore Silvano Focardi. Un disastro che ammonta a oltre 200 milioni di debito e che ha fatto iscrivere nel registro degli indagati 27 persone.
L’insolita e “poco ortodossa” visita di Angelo Riccaboni nella sede del PdL in via Montanini pare sia stata programmata per cercare una “strada sulla via di Roma” che consenta un arrivo di fondi che possano sopperire a qualche “difetto” o “mancanza” nell’impianto del programma di rilancio dell’ateneo.
Le 40 slide fitte di cifre, conti, grafici, tabelle mostrano una situazione che, passati questi quattro lunghi e faticosi anni, non diventa rosea. Ed è ben lontana dal riprendere un segno positivo.
Ad un Fondo di Finanziamento Ordinario che si riduce da 120 milioni nel 2009 a 100 milioni nel 2011 si aggiunge la riduzione delle tasse di iscrizione (ovvero di iscritti) il cui calo nel Bilancio di previsione del 2011 è di circa 4 milioni di euro. Altra riduzione, che dovrà essere in qualche modo “ricompensata”, è quella che deriva dalle erogazioni della Fondazione Mps che si sono visibilmente ridotte di anno in anno fino a far registrare per il 2011 un calo di 2,25 milioni di euro.
Insomma, per il 2011 si prevede un disavanzo di gestione di 38,8 milioni di euro.
Le entrate per i prossimi tre anni, dunque, si riducono, in previsione, di cinque milioni di euro in tre anni. Le spese si riducono di nove. E buona parte di queste derivano dalla riduzione delle spese di personale. Oltre sette milioni in tre anni dovuti, in massima parte, alla totale assenza di turnover a fronte di pensionamenti naturali tra docenti e dipendenti dell’ateneo.
Da un confronto tra il bilancio inerziale 2012 – 2013 ed uno su cui si è agito attraverso un piano di rientro del debito, Unisi2015 prevede uno scarto in positivo di circa 10 milioni di euro. In pratica: se per il 2013 è previsto, senza alcuni intervento, un disavanzo di 34 milioni di euro, con il piano di recupero si passerebbe ad un bilancio con un disavanzo di 23 milioni di euro.
Tra i grafici che, in verità, non offrono un quadro incoraggiante, quello che atterrisce è la previsione dell’andamento della linquidità. Una parabola discendente che, di mese in mese, fino al dicembre 2013 vede una continua perdita fino quasi a toccare i 120milioni di euro.
Una parabola che si fa meno verticale, secondo il piano di recupero stilato dai vertici dell’ateneo senese, seguendo tre linee strategiche: il contenimento delle spese (prepensionamenti, mobilità volontaria del personale tecnico amministrativo, blocco turnover e spese per servizi); l’incremento delle entrate (contribuzioni esterne, recupero crediti, prelievo su somme introitate) e la razionalizzazione nell’uso delle risorse (riorganizzazione dei servizi amministrativi, riorganizzazione del patrimonio immobiliare, didattica e ricerca, controllo di gestione e monitoraggio periodico del Pir, integrazione dei sistemi informatici e valorizzazione e formazione del personale).
Seguendo queste linee guida e tenendo aperti i canali di collegamento con gli enti locali per cercare partners per attività di ricerca, aumentando l’attratività nei confronti degli studenti, e puntando, perchè no, anche sul progetto di Siena capitale europea della cultura, l’Università di Siena vuole risalire la china. E, invece dei paurosi 120milioni di euro di perdita di liquidità previsti per il 2014 si ipotizza una perdita di “solo” 80milioni di euro.
Se, ai progetti di spinta verso un nuovo modo di gestire l’ateneo si aggiunge anche una massiccia adesione al prepensionamento la china diventa ancora meno scoscesa fino ad arrivare ad una perdita prevista per dicembre 2013 di “appena” 50milioni di euro. Una Previsione “limite”. Che vuol dire: “se tutto va nel migliore dei modi e senza ulteriori sorprese ed incentivi per chi decide di andare in pensione prima del potuto”.
Dalle 40 pagine del piano di recupero sintetico di Unisi2015 emerge un quadro poco incoraggiante, fatto di fatica e di tentativi di mettere a posto un bilancio composto più da segni negativi che da azioni propositive.
Un bilancio in cui alla ricerca viene destinata una parte minima di investimenti (e la ricerca dovrebbe essere il cuore di una università moderna e proiettata al futuro) perchè l’intento principale, per quest’anno e per i prossimi a venire, resta quello di coprire il disavanzo costante, di anno in anno, che si deve affrontare per cercare di pagare il surplus di dipendenti e le spese per mantenere in piedi dipartimenti infruttuosi e interessi sui mutui accesi per ripianare i mancati versamenti Irpef.
Questa “scalata” verso una inversione virtuosa di tendenza dovrà passare anche dalla gogna delle cause di lavoro che l’attuale gestione dell’ateneo si è vista recapitare. Cifre di tutto rispetto che potrebbero gonfiare i valori negativi dei bilanci di previsione.
E, nell’immediato, c’è chi, all’intero degli uffici dell’Università, giura che i soldi basteranno per arrivare a pagare gli stipendi di giugno. E poi si vedrà.
Solo voci di corridoio, che pure fanno tremare i dipendenti pronti a scendere in piazza il 4 marzo per chiedere un deciso cambio di rotta ed una azione di coraggio dei vertici dell’ateneo che si traduca in una condivisione del piano di risanamento dell’ateneo.
Se non prima di passare dai referenti politici. Almeno subito dopo.