di Augusto Mattioli
SIENA. Tutta colpa dell’asse Pci-Pds-Diesse-e Ulivo fino ad arrivare al Pd di oggi la situazione di Banca Mps? Ormai si ripete da tempo il concetto, che la crisi derivi dalla gestione di quel gruppo di potere del partitone che fu. Lo ha ripetuto di recente anche l’ex sindaco di Siena Vittorio Mazzoni della Stella, sottolineando che si tratta di “una tragedia della ditta. E’ colpa del Pci-Pds-Ds e Ulivo”. Certo chi ha governato come partito di maggioranza ha le sue responsabilità, non c’è alcun dubbio. Mazzoni dice che “gli altri partiti in passato hanno avuto per lo più solo ruoli marginali”. E’ così? Se si parla degli ultimi anni forse sì perché i partiti in quanto tali sono diventati più deboli, lasciando spazio a gruppi anche trasversali. Magari certe parti politiche, vedi il centrodestra che ha pensato bene di non disturbare il manovratore, presentano al comune improponibili candidati a sindaci come Alessandro Nannini, bravo in Formula Uno, ma impreparato anche se volenteroso amministratore. E dando la benedizione ad operazioni come Antonveneta fatta in territorio tradizionalmente “bianco” Ma prima, quando c’era soprattutto il Partito comunista il ruolo degli altri partiti era marginale? Mazzoni della Stella, esponente di primo piano del partito socialista da sindaco di Siena dal 1983 al 1990, ricordiamo che è passato alla banca come facente funzioni di presidente del Monte nel ’90 e ’91, vicepresidente dal ’92 al ’97. E’ stato anche amministratore delegato della consociata Capital Service fino al 1999. Marginale il suo ruolo? Non pensiamo proprio. In ogni caso il suo arrivo ai vertici della banca consentì a Pier Luigi Piccini (che oggi dissente dalla linea di Mazzoni) di diventare sindaco della città. Ci rimase in carica dal novembre del 1990 al maggio del 2001 quando sarebbe dovuto passare alla presidenza della Fondazione. Operazione stoppata da un atto di indirizzo del ministro del tesoro Visco poi risultato anticostituzionale. Ovviamente il passaggio di Mazzoni al Monte e la carica di sindaco a Piccini fu un’operazione frutto di un accordo tra i partiti. Ma se si fa qualche passo indietro nel tempo contavano nella gestione della banca tutte le forze politiche quasi alla pari. Ma allora c’era un management – per dirla con le parole di oggi – che sapeva resistere agli appetiti di quelli si potevano considerare dei soci veri e propri. In occasione delle nomine in banca quando ancora era di diritto pubblico c’erano tra i partiti (Pci, DC e Psi ) e nei partiti forti e feroci battaglie, che si facevano in consiglio comunale in riunioni che duravano anche intere nottate, dove si votavano i candidati in rappresentanza degli enti locali. Il ministero del Tesoro aveva un suo ruolo nominando il presidente. C’era allora quella che Eugenio Scalfari, direttore di Repubblica, definì in maniera critica “la grande spartizione”.
Dunque di chi è la responsabilità?