L'amaro sfogo di un coltivatore senese
di Andrea Pagliantini
SIENA. Una fitta serie di appunti che sono il resoconto di un colloquio con un agricoltore della campagna senese. Uno sfogo dignitoso ma amaro, sintetico e sincero, mentre è in coda per adempiere con rassegnazione alle solite formalità burocratiche che riducono mettono il lavoro e la vita delle persone incasellati in poche colonne su qualche modulo.
Arare, seminare, difendere, pulire, raccogliere, trasportare il grano nelle ondulate distese conseguenza del ritiro del mare e di secoli di lavoro per rendere fertile l’argilla o strappare alle pendenze dei piani da coltivare: “La campagna è dura e non c’è la buona educazione di far campare chi ci si piega – dice con un filo di voce l’anziano coltivatore -. La prospettiva è quella di capire che senso ha seminare se poi non si ripigliano nemmeno le spese, un campo di fave è stato distrutto dai cinghiali, (come l’anno scorso), gli ulivi sono brucati dai daini e non producono più”.
Come molti agricoltori della campagna senese, l’anziano il grano lo conferisce al Consorzio Agrario di Siena, che lo paga fra i 15/18 € a quintale.
Il Consorzio Agrario di Siena trasforma il grano in pasta che rivende al pubblico in pacchi da mezzo chilo da 0,89 € per la pasta normale o i 2,45 € di un pacco, sempre da mezzo chilo, di maccheroni. Del prezzo del pane, meglio non parlare. Con 4 chili di tagliatelle si raggiunge il prezzo che un agricoltore prende per un quintale di quel grano che il Consorzio Agrario è fiero di esibire sulle confezioni della pasta.
“Quando si avevano le pecore – dice ancora l’agricoltore – si riusciva a stare meglio, ma la vita era dura perché bisognava alzarsi tutte le mattine alle 4 per mungerle, ma il formaggio ci consentiva di avere qualche soldo in più; però le cose da fare sono tante e le forze vengono sempre meno, per cui si è smesso con le pecore”.
Arrivano le navi con il grano forestiero e quella farina diventa la base dei prodotti italiani che poi vengono rivenduti nel mondo, mentre chi produce grano e si cura del territorio e del paesaggio non sa se seminare il prossimo anno, vendere il podere o abbandonare tutto perché nessuno lo vuole comprare.