Mauro Aurigi pone l'interrogativo: il M5S contrario ad una legge sui partiti
di Mauro Aurigi
SIENA. Il M5S è contrario a una legge sui partiti che imponga loro l’obbligo di uno statuto orientato alla democrazia interna quale requisito per poter partecipare alle elezioni. Il Movimento infatti non ha uno statuto, né lo vuole per non diventare a sua volta un partito. Sostiene che si tratti di una manovra dei partiti tradizionali, ormai terrorizzati dal pacifico successo dei Pentastellati, per escluderli dalla competizione. Poiché l’art. 18 della Costituzione dichiara che “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione”, sostengono che una legge “autorizzativa” in merito sarebbe incostituzionale. Il 16 c.m., a pag.9, il Corrierone milanese interviene nel dibattito sostenendo la necessità di quella legge, perché “in attuazione dell’art. 49 della Costituzione”. E’ falso: il Corrierone mente sapendo di mentire. I Padri costituzionali, che furono e sono ancora il meglio che negli ultimi 160 anni la nostra storia politica abbia prodotto, si guardarono bene dal prevedere alcunché a tale proposito, e meno che mai all’art. 49 che assai brevemente e icasticamente, ma molto eloquentemente, recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Tutto qui
I cittadini quindi possono se vogliono, ma non è obbligatorio (e forse neanche consigliabile), organizzarsi in partiti, per concorrere (i cittadini, non i partiti) con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Insomma in tutta la Costituzione il termine “partiti” è citato positivamente questa sola volta: un solo minuscolo articolo su 157; due sole righe su 1185; 20 sole parole su 10.548; 143 soli caratteri su 70.678.
L’altra sola citazione del termine “partiti” nella Costituzione è in negativo: divieto d’iscrizione ai partiti per militari, giudici, poliziotti ecc .(art.98), mentre il termine “partito” appare una sola volta, e ancora una volta in negativo: divieto di ricostituzione del partito fascista (disposizioni transitorie e finali XII).
Dei partiti e della loro regolamentazione, funzione, utilità, necessità e meno che mai indispensabilità, non c’è traccia alcuna in tutto il restante, lunghissimo testo della Carta. Né, ovviamente, c’è alcuna traccia dei loro leader, neanche per la formazione del governo: allora sapevano che leader è la traduzione letterale di führer e duce, noi non più.
La Costituzione è un documento politico al 100%, ma dedica solo lo 0,2% ai partiti, i quali però hanno occupato anche tutti gli altri 156 articoli, ossia il 100% della politica nazionale, sottraendola al popolo che invece avrebbe dovuto essere sovrano, ossia stare non solo sopra i partiti ma anche sopra la Costituzione. L’attuale presenza alluvionale dei partiti e quindi di coloro che ne hanno assunto il controllo (i leader,) non è prevista né consentita dalla nostra Costituzione. Dunque quei partiti onnivori (e i loro leader) sono fuori dalla Costituzione: sono incostituzionali. Almeno fino a quando essi non riusciranno ad emendare appositamente la Costituzione, che non è solo una mera, minacciosa ipotesi.
Da rilevare: i Padri costituenti, di fronte ai quali gli attuali politicanti sono solo delle tragiche marionette, erano tutti visceralmente e sentimentalmente legati ai propri partiti, ma per il bene della Nazione li tagliarono tutti fuori dalla Carta.
Per concludere: sono loro, i partiti, l’antipolitica e la vera politica è quella che vuole da una parte la loro eliminazione come sistema, ossia la loro riduzione a semplici e liberi movimenti di opinione autofinanziati dagli aderenti, e dall’altra la restituzione della sovranità al popolo.
Tutto sommato non rimane che domandarsi il perché di questo atto di servile omaggio del Corriere della sera al Partito della Nazione.