Sinergia dell’Università di Siena e dell’Azienda Sanitaria di Agrigento
SIENA. Uno studio scientifico, condotto in sinergia dall’Università di Siena e dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento, ha descritto il rinvenimento di un frammento di un tumore benigno, un adenoma del colon, che staccatosi dalla lesione madre sopravvive a distanza, grazie alla formazione di una rete di vasi che lo alimenta. Questo porta a riconsiderare il concetto di malignità, in quanto fin ora la capacità di diffondersi oltre i limiti del tessuto in cui è stato originato, e di sopravvivervi, è stata considerata prerogativa dei soli tumori maligni.
Lo studio è consistito nell’osservazione endoscopica del frammento di adenoma attaccato alla parete del colon per mezzo di vasi sanguigni neo-formati, condotta dal dottor Domenico Macaluso, responsabile di Endoscopia digestiva presso il presidio ospedaliero di Ribera, osservazione confortata dall’esame istologico delle due neoformazioni, e dal successivo riscontro che si è avvalso di una delle tecniche più avanzate di indagini, il confronto biometrico multifrattale. Il confronto biometrico multifrattale è stato effettuato presso l’Università di Siena dal docente di Patologia generale Giorgio Bianciardi, ricercatore presso il dipartimento di Biotecnologie mediche, Unità Operativa Complessa di Anatomia Patologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Qui dal docente vengono svolte, da molti anni, indagini morfometriche per la diagnosi differenziale dei tumori umani nello studio dei preparati bioptici di tessuti, così come delle cellule del sangue nei soggetti affetti da diabete o da ipercolesterolemia familiare, indagando anche sulle malattie degenerative. I ricercatori addebitano la diffusione in metastasi del tumore benigno alle condizioni ambientali di ipossia, ovvero alla mancanza di ossigeno nel colon.
“Anche se questo singolo caso non può essere sufficiente a dare certezze circa la possibilità che anche un tumore benigno possa diffondersi come fa un cancro a causa delle condizioni ambientali di ipossia del colon – spiega il professor Bianciardi – questo riscontro presenta forti e documentati indizi: evidenza visiva, esame istologico e confronto quantitativo biometrico.
Sono in fase avanzata di studio altri 7 casi clinici che confermano questo dato, ma altri studi sperimentali sono necessari, anche per le ricadute che potrebbero derivare in campo sanitario e a livello sociale: molte decine di migliaia sono le endoscopie del colon-retto che vengono effettuate in Italia, milioni nel mondo, e la scoperta potrebbe portare a modintifivoficare non solo il trattamento endoscopico dei polipi benigni del colon, ma anche il trattamento dei carcinomi superficiali del colon con la resezione endoscopica. Il nostro lavoro indica, infatti, la necessità di cambiare il protocollo di aggressione della malattia”.