Se i Senesi non si svegliano presto dal sonno profondo in cui sono caduti la decadenza (sottosviluppo e emigrazione) sarà irreversibile
di Mauro Aurigi
SIENA. Il 19.12.2011 sul “Il Cittadinoonline”, sotto il titolo I Senesi che fine hanno fatto? (io avevo suggerito I Senesi che coglioni!), elencavo quanti e quali alieni, sfruttando e più spesso parassitando e quindi affossando le eccellenze di questa Città, abbiano fatto e facciano carriere brillantissime alle quali i Senesi mai hanno potuto neanche sperare (p. es.: da semplice professore universitario a ministro o da politico trombato a parlamentare e poi magari anche Capo del Governo). Bene, quella denuncia fece insorgere come tarantolati i soliti lecchini di un potere che a Siena è esogeno, nel senso che da fuori c’è sempre un burattinaio che ne regge i fili e che la considera sua esclusiva riserva di caccia. Fui accusato di voler negare a chi non fosse di pura razza senese il diritto alle poltrone cittadine. Tipico caso dello stupido (o dell’ipocrita) che insiste a guardare il dito invece della luna. Infatti quella denuncia non negava agli alieni quel diritto, bensì postulava esattamente l’opposto, ossia che ai Senesi fosse sistematicamente negato di godere nella propria città dello stesso diritto assicurato altrettanto sistematicamente a quegli stranieri.
GLI ALIENI IN BIBLIOTECA
Mi ero limitato all’epoca solo alle persone più in vista ed alle carriere più prestigiose (*) per meglio illustrare le dimensioni di quel sistema, prima causa della frana che ha travolto la Città. Ma la realtà ovviamente era ed è ancora più inquietante di quanto avessi denunciato, perché quel sistema perverso, a partire dai vertici, permea l’intera vita istituzionale cittadina, magari esclusi i livelli infimi, dove vivacchiano a sbafo i lecchini senesi di cui sopra.
Per esempio: mi è oggi casualmente ricapitato tra le mani il decreto n. 25 del 31.10.2013 firmato dal nostro ineffabile sindaco Bruno Valentini (manco a dirlo: anch’egli alieno) e riguardante le “sue” nomine dei 9 amministratori della Biblioteca degli Intronati, istituzione senese che più senese non si può. Eccoli qui, come esposti nel decreto con tanto di nome e cognome e luogo di nascita:
- Barzanti Roberto (presidente), Monterotondo Marittimo GR
- Bonura Giuseppe Emiliano, Catania
- Capresi Donatella, Montalcino
- Faleri Valentina, San Vito Tagliamento (PN)
- Mangionami Leonardo, Castiglion del Lago (PG)
- Zanibelli Giacomo, Firenze
- Ceccherini Dario , Poggibonsi
- Dicorato Luigi Maria, Busto Arsizio (VA)
- Pianigiani Lucia, Siena(**)
Ogni commento è superfluo, anche se qualcuno di quelle signore e signori sarà probabilmente più senese di me (ne conosco molti d’oltralpe e perfino d’oltreoceano la cui senesità batte anche quella degli ultrà aborigeni).
OMAR CALABRESE: “SENESI, RAZZA INFERIORE”
Una simile distorsione ha un’unica giustificazione. L’affidò alla stampa ‒ non mi stancherò mai di ricordarlo ‒ il prof. Omar Calabrese, altro alieno che come Giuseppe Mussari (pure alieno) fece carriera a Siena alla scuola dell’allora sindaco Pierluigi Piccini (ovviamente alieno pure lui) . Pungolato dall’associazione “Quelli di Montaperti” che parlava apertamente di sfruttamento coloniale (e siamo negli anni ’90), Calabrese dichiarò che la Città aveva eccellenze di dimensioni sproporzionate rispetto al proprio corpus per cui “non c’è abbastanza scelta per far maturare una classe dirigente esclusivamente locale”( Corriere di Siena, 2.8.1998).
Razzismo raffinatissimo, ossia il più ripugnante, sicuramente congiunto a ipocrita ottusità. Caso forse unico al mondo, un gruppo umano ‒ i Senesi ‒ aveva generato, coltivato e portato quelle eccellenze, vecchie anche di 1000 anni, alla odierna modernità, non solo fino a renderle internazionalmente famose, ma addirittura derivando ancora oggi da esse, direttamente o indirettamente, l’80 o il 90% delle proprie risorse culturali, sociali ed economiche. Caso probabilmente unico al mondo, ripeto. Però quegli stessi Senesi non sarebbero maturi per gestirle!
Definire incapaci, immaturi, pigri e apatici i propri colonizzati è tipico di ogni potere coloniale (che per il “servizio” reso pretende pure di essere ringraziato). E’ così che per gestire le storiche e appetitose istituzioni senesi bisogna andare a chiamare gente da Pordenone o da Catania. E’ il provincialismo più sfrenato: l’erba degli altri è sempre più verde. Ma non c’è provinciale più provinciale di colui che anela a sprovincializzarsi. Mi domando dove il sindaco Valentini sarà andato a scovare tutti quei personaggi, come cavolo sapesse che uno di San Vito sul Tagliamento fosse la persona adatta per la plurisecolare Biblioteca cittadina. Nessuna giustificazione o motivazione ha reso pubblica. Come si fa a pensare che i nominati siano stati scelti per amore della Città e della Biblioteca? Il che ci lascia nel ragionevole dubbio che la decisione sia stata presa altrove e che i “nominati” arrivino a Siena con il solo fine di “usufruire” delle sue ricchezze. Come i barbari di ogni epoca e latitudine.
Ed è qui che casca l’asino. La fortuna che fino a ieri ha avuto Siena e a cascata anche le sue eccellenti istituzioni, si basa (e questo è un fatto storicamente accertato) sull’amore e addirittura l’emozione e la commozione che esse sempre hanno suscitato nei Senesi. In amore si dà più di quanto si prenda. Le minuscole Contrade e le loro tradizioni avrebbero raggiunto la fama internazionale senza quell’amore e senza pretendere che tale sentimento fosse il primo requisito per selezionare la propria dirigenza? E posso testimoniare per esperienza personale che lo stesso fenomeno è l’unica spiegazione per cui una piccola Città emarginata e negletta abbia da sola costruito il semimillenario gigante economico che era il Monte. Credo non esista un caso simile in tutto il pianeta. Ma lo stesso posso dire di mio padre e i suoi colleghi, umili operai del Manicomio, o di mia zia, operaia specializzata allo Sclavo, diventato secondo lo scienziato Albert Sabin, padre dell’omonimo vaccino anti-polio, il migliore del mondo.
E allora mi domando: tutta questa gente che viene anche da lontano e che è stata preferita ai Senesi per occupare, anzi per usurpare le eccellenti poltrone senesi, l’ha fatto, lo fa e lo farà per “prendere” o per “dare”? Nella risposta a questa domanda c’è la spiegazione della devastazione abbattutasi su Siena, devastazione che è solo agli inizi. L’enorme perdita del Monte, che non ci appartiene più, non è costata al territorio solo un danno economico di decine di miliardi di euro (forse 60 o più), ma anche di potere, di prestigio, di immagine, di autorità e autorevolezza, il cui dissolversi alla lunga ci costerà più che altrettanto. Si pensi, dopo quello che è successo, a cosa sta già succedendo per la sede dell’Azienda Usl Toscana Sud Est, assegnata non a Siena, tra l’altro sede universitaria da quasi 800 anni, ma a Arezzo, o alla nomina della Capitale Europea della Cultura 2019, assegnata a Matera..
E AL SANTA MARIA DELLA SCALA UN “TEATRANTE” DI TRICARICO
Quando si è titolari di un patrimonio storico, culturale ed economico del valore di quello senese, bisogna stare sempre sugli spalti perché è da quando è cominciata la Storia che gli alieni hanno sempre concupito le ricchezze altrui. Successe all’Impero romano quando una popolazione di oltre 50 milioni di abitanti si fece mettere in ginocchio da tribù barbare che non contavano più di 5/10mila individui ciascuna, donne vecchi e bambini compresi, e che operarono singolarmente e in epoche diverse le une dalle altre. Gli imperatori romani, infatti, sugli spalti ci mandarono i mercenari, ossia i barbari “moderati”, avendo da secoli abolito le legioni popolari, primarie artefici della costruzione di quell’Impero, perché il popolo in armi è sempre sentito dal principe come un pericolo letale. Si sa come è andata a finire. E si sa purtroppo come è andata a finire a Siena dove il Principe, grazie a 30 anni di stupefacente (nel senso che rende stupidi) lavaggio ideologico del cervello e di panem et circenses, riuscì a mandare decine di migliaia di cittadini, ormai ridotti a plebe, a urlare sugli spalti degli stadi, mentre la Casta si dava da fare con l’argenteria (quella di quei cittadini, ovviamente, non la propria). Questa storia purtroppo ancora non è finita, anche se ormai si sta raschiando il fondo del barile.
Esemplare il caso della nomina del nuovo direttore del Santa Maria della Scala, ossia dell’edificio più grande e antico di Siena (più grande e antico del Palazzo comunale e del Duomo) e dei tesori che contiene e di quelli ulteriori che conterrà. Come avrà fatto il nostro ieratico sindaco è scovarlo questo Antonio Calpi in quel di Tricarico (Matera)? E cosa l’avrà affascinato, tanto da preferirlo ad uno qualsiasi degli studiosi d’arte senesi, in questo sinora ignoto esperto di teatro?
Temo che questa sia per Siena la “fine della storia”, una storia gloriosa durata almeno un millennio: i Senesi, ormai definitivamente emasculati, non potranno mai più, come hanno fatto in altre epoche della loro storia, scrollarsi dal collo questo giogo.
NOTE
(*) Quel lungo elenco ancora non comprendeva i due del Monte – Profumo e Viola ‒ i due della Fondazione ‒ Mansi e Clarich ‒ e il recentissimo Antonio Calbi al S.M.S
(**) Senese? Probabilmente una svista o un errore.