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di Paola Dei
VBENEZIA. Presentato al Lido di Venezia in anteprima mondiale l’ultimo film di Marco Bellocchio con il titolo: Sangue del mio sangue, terzo film italiano in corsa per il Leone d’oro, nelle sale cinematografiche dal 9 settembre.
Opera controversa che ha spiazzato pubblico e critica, il film, interpretato da Lidiya Liberman, Pier Giorgio Bellocchio, Alba Rorwacher, Roberto Herlitzka, Elena Bellocchio, come ha sostenuto lo stesso regista alla Conferenza Stampa, è nato da diverse ispirazioni.
Il regista ci dice che da molti anni ha una scuola a Bobbio dove ogni stagione, oltre ai Corsi di formazione, realizzava un corto, operazione per la quale poi ha passato la mano ad altri registi, fra cui Ciprì e che proprio in quel luogo gli furono indicate sei anni fa prigioni abbandonate all’interno di un convento. Il primo collegamento fu con la monaca di Monza e con la triste storia della donna che fu sepolta viva. Subito dopo peró a grappolo sono nate altre idee legate al potere nocivo, intransigente, che resiste nei secoli con personaggi ed istituzioni che si scambiano soltanto il testimone ma che non mutano il loro modo di essere e le loro forme di gestione. Questo il collegamento più pregnante fra la prima e la seconda parte, dove i personaggi principali restano pressoché gli stessi senza che peró di fatto nulla cambi per un popolo che da un lato si sente protetto dal potere ma dall’altro vive sotto una catena che gli impedisce di evolversi ed apportare vere modifiche al substrato sociale. I personaggi sono tutti uniti da uno stesso nucleo che é quello di trovare il proprio posto nella società.
Federico Mai, interpretato da Piergiorgio Bellocchio è sempre lui dall’inizio alla fine e si esprime soltanto nell’azione. Non dice nulla ma agisce. Marta e Maria, come ci dice Alba Rorwaker, sono due sorelle che vivono l’una in funzione dell’altra, due teste e un cuore che attraversano la passione per Federico Mai insieme, l’una con i gesti e le emozioni dell’altra, perché da sole non sono in grafo di gestirla.
Herlitzka vive da recluso nascondendosi al mondo intero ma gestendo il potere di tutta la cittadina, costretto nel finale a dover cedere di fronte a nuove esigenze.
A chi chiedeva al regista maggiori delucidazioni sulle connessioni fra le due parti del film lui ha risposto: “I critici sono preziosi anche perché arricchiscono l’idea del film che una persona si é fatto. Io da parte mia non mi sono preoccupato di una architettura perfetta e di una drammaturgia perfetta. É andata così…, il film é nato cosí e non m’interessava stabilire connessione rigide fra presente e passato. Ci sono immagini che concatenano passato e presente e mettono in luce il dominio della chiesa nel 600 e 700 per arrivare poi al dominio attuale di Herlitzka che aiuta la popolazione ma succhia il sangue ad una possibilità di cambiamento, come fanno i vampiri sostituendosi al potere della Chiesa..”
Piergiorgio Bellocchio ci ha detto invece che:” Il film é tutto un turbinio di emozioni e passioni che peró non vengono vissute, restano in aria palpabili come personaggi e creano vissuti contrapposti, forti, pregnanti.” …..che si respirano durante tutta la proiezione dell’opera.
La figura più pura di tutta l’opera, colei che non si fa intaccare dal tempo ed esce dalla sua sepoltura bella, giovane e intatta é Benedetta che simboleggia un’immagine di libertà che nei suoi silenzi non si arrende ai pregiudizi, al potete, alle storture dei giudizi.
Alla conferenza stampa hanno preso parte oltre agli attori ed al regista i produttori Paolo Del Brocco, Paolo Conversi e Simone Gattoni. Il film è stato riconosciuto dal MiBACT di interesse culturale.