La riapertura dei concorsi spinge a condividere qualche dubbio
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di Giovanni Grasso
SIENA. La crisi dell’Università di Siena, cominciata nella seconda metà degli anni ’80, è stata ed è, prima di tutto, crisi culturale e morale che, insieme a una ridotta capacità critica della comunità accademica, sempre più conformista e indifferente, è sfociata nel default economico-finanziario e istituzionale. Con la complicità e il silenzio dei mezzi d’informazione, anche di quelli online (tranne due o tre), che sui problemi universitari hanno sistematicamente riportato, fedelmente e acriticamente, solo le veline del vertice accademico.
Raccontarne, oggi, in modo rigoso, documentato e con spirito critico gli eventi cruciali è giusto e utile, soprattutto per dimostrare che una diversa e corretta politica universitaria era (ed è ancora) possibile. Proprio mentre sta terminando presso il Tribunale di Siena, in completo silenzio stampa, il processo a due ex rettori, tre ex direttori amministrativi, l’intero Collegio dei Revisori dei Conti, e altri dipendenti per peculato, truffa, falso ideologico e abuso d’ufficio per la voragine da 270 milioni d’euro nei conti dell’Università. E mentre sta per cominciare un contenzioso con l’attuale Rettore, che, in totale assenza di trasparenza amministrativa e con organi di governo e di controllo esautorati, rinunciatari e supini, ha affiancato all’inerzia più assoluta (in alcuni settori), le stesse scelte dei suoi predecessori (sotto processo proprio per quelle), annullando le poche e residue possibilità di ripresa. Giova ricordare che Tosi fu interdetto dalle sue funzioni di rettore per molto meno di quello che potrebbe essere imputato al Rettore attuale.
Partiamo da un aspetto – tra i tanti della crisi dell’Ateneo senese – eticamente discutibile e assai diffuso: la pratica delle assunzioni di parenti e amici, di cui c’è perfino una labile traccia nei verbali del CdA del 22 maggio e 26 settembre 1995. Allora, il rappresentante dei ricercatori in CdA, con riferimento a particolari situazioni di conflitto d’interessi nel suo Dipartimento e nella sua Facoltà, chiese un esame approfondito sulla «tematica nascente dai rapporti parentali all’interno delle strutture didattiche e di ricerca, che in qualche caso possono dar luogo a una conduzione aberrante». Il senso della misura (in quegli anni in formato cartaceo) pubblicò un breve articolo del ricercatore dell’epoca che, richiamando la celebre espressione di Eduardo De Filippo («’e figlie so’ piezze ’e core»), dichiarava che all’Università di Siena si esagerava nella pratica di favorire i figli. Era rettore, da un anno, il “grande timoniere”, Piero Tosi, che restò alla guida dell’Ateneo senese per altri undici anni, sino alla fine del febbraio 2006. Ovviamente, l’esame approfondito sulla «tematica dei rapporti parentali» non ci fu! Al contrario, il fenomeno nepotistico, nel corso dei due lustri che seguirono (1996-2006), ebbe la sua massima diffusione (non solo tra i docenti, ma anche tra il personale tecnico e amministrativo), sfociando, con sviluppi anche giudiziari, nella cosiddetta universitopoli senese.
Quando, nel settembre 2008, scoppiò il bubbone della voragine nei conti, il primo effetto, ovviamente, fu il blocco delle assunzioni di tutto il personale. Una pausa lunga, che ha penalizzato, sicuramente, chi a quel tempo era già pronto per una progressione di carriera. Ed è anche servita ai più giovani a preparare il curriculum in attesa del 2016, indicato dal Rettore in CdA, come l’anno in cui si sarebbero potuti bandire i primi concorsi, che avrebbero comportato la presa di servizio solo nel 2017. Nel frattempo, s’è formato un ingorgo tra chi aspetta da anni di progredire nella carriera accademica. Inopinatamente, la riapertura dei concorsi (illegittima sotto tutti i punti di vista) è arrivata in anticipo, nel 2015. Com’è stato possibile? Individuando i settori da mettere a concorso, l’Ateneo avrà programmato le reali necessità didattiche e scientifiche, tenendo conto anche dei pensionamenti? Avrà considerato i corsi di laurea già cancellati e quelli che lo saranno a breve? Se, com’è ormai certo, si andrà verso la costituzione del Sistema Universitario Toscano, l’Ateneo avrà puntato su quei settori strategici che gli consentiranno di conservare intatta la sua leadership? I figli e gli amici dei docenti passeranno, anche questa volta, avanti agli altri candidati? Sarà rispettato il vincolo del 20% di assunzioni per docenti esterni imposto dalla legge? E soprattutto, è stato veramente risanato il bilancio dell’Ateneo, condizione imprescindibile per la ripresa del reclutamento? Si vedrà!