SIENA. Le Sezioni unite della Cassazione, su ricorso di due soci Mps, hanno stabilito che se la Consob trascura i suoi doveri di vigilanza e non utilizza i suoi poteri per “assicurare il corretto e trasparente funzionamento del mercato” è possibile chiedere al giudice amministrativo di ordinare all’authority di porre fine alla sua inerzia. L’ordinanza della Corte interviene nell’ambito di una causa promossa nel luglio 2013 dai due piccoli azionisti (affiancati dalla Cgil, dalla Fisac e da Federconsumatori), che sostengono che Consob ha avuto delle carenze nella vigilanza su Mps e in particolare sulle operazioni connesse alla ristrutturazione di Santorini e Alexandria.
Al Tribunale di Roma i due ricorrenti avevano chiesto il risarcimento del danno derivante dalle presunte falle nella vigilanza, ma anche di ordinare all’authority di porre fine al suo presunto comportamento omissivo, attraverso una corretta informazione sulla situazione patrimoniale di Mps, così da evitare ulteriori danni agli azionisti. A fronte della dichiarazione di incompetenza del Tribunale, i ricorrenti hanno chiesto alla Suprema Corte se ci fosse la possibilità di sindacare – non solo a posteriori ma anche ‘in itinere’ – i comportamenti di vigilanza messi in atto dall’authority e quale fosse il giudice deputato al controllo. La Cassazione, non accogliendo le obiezioni della Consob che negava la possibilità di un sindacato preventivo sul suo operato, ha riconosciuto al tribunale amministrativo il potere di ordinare alla Consob di adoperarsi per assicurare una corretta vigilanza.
“L’inerzia delle Autorità di garanzia non è più giustificata. Anche quando si tratti di poteri di ampia discrezionalità, i privati cittadini possono ottenere un provvedimento giudiziale che ordini alle amministrazioni l’esercizio dei mezzi a loro disposizione”, hanno affermato in una nota Cgil, Fisac e Federconsumatori.
Riguardo a una presunta “inerzia” nella vicenda Mps lamentata da Federconsumatori e Cgil, la Consob puntualizza che “non c’eè mai stata alcuna inerzia nella vigilanza su Mps“. “Consob è intervenuta più volte per assicurare piena trasparenza sui conti Mps e ha fatto avere al mercato tutte le informazioni di volta in volta disponibili”.Inoltre, “Consob continua a collaborare con le altre autorità nazionali e con i regolatori europei e sta esaminando la nuova documentazione emersa nell’ambito del procedimento penale in corso a Milano”.
Sull’argomento è intervenuta anche Adusbef con un comunciato a firma del presidente Elio Lannutti, che riportiamo di seguito.
“Adusbef plaude all’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Sezioni Unite), ottenuta da Federconsumatori e Fisac Cgil, che intervenendo in una causa promossa nel luglio 2013 da due piccoli azionisti che accusavano la Consob di gravi carenze nella vigilanza su Mps, la obbliga ad adottare i comportamenti di legge in relazione alla vigilanza sul mercato mobiliare, in particolare sui bilanci della Banca senese, palesemente omissivi in alcune scritturazioni contabili, che non denunciavano alcune operazioni finanziarie che avevano depauperato la banca per importi tra gli 800 milioni e i 3,5 miliardi di euro. Se Consob trascura i suoi doveri di vigilanza e non utilizza i suoi poteri per “assicurare il corretto e trasparente funzionamento del mercato”, è possibile chiedere al giudice amministrativo di ordinare all’authority di porre fine alla sua inerzia.
Inerzia sconfinata nella omessa vigilanza sui bilanci del Mps. Il presidente della Consob Giuseppe Vegas in una intervista del febbraio 2013 sui derivati Santorini ed Alexandria dichiarò che: ”a seguito di un esposto anonimo ricevuto ad agosto 2011 che segnalava strane transazioni, ipotesi di riciclaggio, vendita anomala di titoli strutturati, sono partiti gli accertamenti presso Mps”. Consob, con i poteri di polizia giudiziaria di cui dispone, invece di indagare sui flussi finanziaria ed i rischi, chiedendo alla magistratura di sequestrare le email, acquisire i tabulati telefonici, di disporre perquisizioni, non fece nulla, salvo affermare di aver fatto tutto il possibile, a febbraio 2013 sul mistero di Alexandria, scoperchiati il 25 ottobre 2012 «quando Profumo e Viola comunicano di aver rinvenuto il mandate agreement dal quale emerge il collegamento tra l’operazione Alexandria e l’acquisto di Btp.
Le omissive condotte della Consob, che d’ora in poi saranno impugnate al Tar, come ricorda perfino la Banca d’Italia richiamando la competenza della Consob sulle questioni di bilancio, dovrebbero chiarire la questione applicativa dei principi contabili internazionali (Ias) all’operazione Alexandria/Nomura, i cui Btp 2034 non sono mai stati effettivamente comprati e il loro regolamento è avvenuto per compensazione e quindi senza bisogno dei titoli e la relativa rilevazione contabile è solo la conseguenza della scelta di registrare l’operazione a saldi aperti (…)». Ovvero registrando separatamente le singole componenti virtuali del contratto. Come si può leggere nell’avviso di conclusioni delle indagini della Procura di Milano del 3 aprile 2015 a carico del Monte dei Paschi di Siena e Nomura.
«Fatto materiale non rispondente al vero» in relazione all’acquisto di Btp 2034 da Nomura per 3,05 miliardi nominali, come anche il finanziamento ricevuto in Repo e indicato nel passivo dello stato patrimoniale alla voce debiti verso banche sarebbe un altro «fatto materiale non rispondente al vero in quanto l’operazione di pronti contro termine sul Btp 2034 era del pari solo figurativa, e non esistevano debiti verso Nomura».
La Consob ha il dovere di chiarire perché non ha verificato i bilanci disastrosi del Monte dei Paschi, che secondo la Procura di Milano, conteneva scritture contabili aleatorie, pari a d almeno 3,05 miliardi di euro”.