di Ilaria Sciascia
SIENA. A Siena in pian dei Mantellini, all’interno della chiesa di San Niccoló al Carmine (documentata fin al x secolo e ampiamente rimaneggiata nei secoli XIV, XV, XVI), Si trova l’opera intitolata “San Michele arcangelo che scaccia gli angeli ribelli”, dipinta da Domenico Beccafumi.
La pala venne commissionata dai padri carmelitani che abitavano il convento della chiesa del Carmine, ma la libertà compositiva, i bagliori
di contrasto tra luci e ombre, il profondo spirito innovativo, non piacquero ai committenti e Domenico abbandonò l’opera non finita e ne
dipinse una seconda versione con diverse caratteristiche che avrebbero compiaciuto i Carmelitani. Così fu, infatti la seconda versione dell’opera , (che qui vediamo), fu realizzata dal Beccafumi prima del 1535, anno in cui Baldassarre Peruzzi, valente architetto del Quattrocento senese in compagnia di Giorgio Vasari, grande amico e ammiratore dell’artista, la vide prima di partire per Roma.
Il capolavoro mostra maggiore classicità e compostezza, ma affiorano una tale libertà di movimento, guizzi luministici, rarefazione delle forme che fanno del Beccafumi uno dei manieristi italiani più apprezzabili. Il gesto imperante del San Michele in alto, con la spada sguainata e alzata, accerchiato da angeli roteanti, che scaccia gli angeli ribelli all’inferno ,e’ una citazione michelangiolesca dalla Cappella Sistina, ma in questa versione e maggiormente nella prima collocata alla Pinacoteca Nazionale di Siena, Domenico rende apertamente visibile il suo manifesto artistico anticlassico e antimichelangiolesco,