Non dire Clarich se non l’hai nel sacco…

SIENA. La fumata nera per la nomina del nuovo presidente della Fondazione Mps ha fatto scalpore. I commenti al vetriolo giunti praticamente da ogni parte, tutti contro i membri della Deputazione Generale, rei di non aver chiuso la stagione delle nomine, hanno riempito le pagine dei giornali.
Come se non fossimo abituati a questi balletti e alle solite smanfrinate della dilettantesca politica locale! Come se nessuno sapesse (ma magari si fa finta di non sapere) quanti e quali giochi si stanno facendo all’ombra di Palazzo Sansedoni, punto cruciale delle manovre di restaurazione del potere precostituito. Come il Parco della Vittoria nel Monopoli…
Guardando alle nomine del 2015 in banca, l’unica cosa che si deve ottenere in Fondazione Mps, da parte della politica (di quella che si dice estranea alle vicende bancarie ed anzi ci tiene a tracciare linee di demarcazione e di autonomia tra un settore e l’altro) è una struttura verticistica “morbida” e permeabile ai voleri dei vari rappresentanti/iscritti locali che, a loro volta, devono poter garantire una obbedienza quasi cieca a Roma.
Questa Deputazione Generale (non in blocco, s’intende) ha dato prova di mal tollerare ordini dall’alto; di non accusare disagio di fronte allo strapotere di Alessandro Profumo; di voler affrontare la vicenda Antonveneta approvando due azioni di responsabilità nei confronti dei precedenti organi; di non voler dilapidare l’esiguo patrimonio dell’ente (quello salvatosi miracolosamente dallo sfacelo di quella politica che si intromette) con distribuzione di utili (fittizi), che non possono che condannare ad una morte neppure tanto ritardata l’ente. Quindi, lasciare la Fondazione Mps nelle mani di persone non manipolabili è inammissibile (oltre che contrario alla tradizione).

Quindi…. Quindi dopo settimane perse nel tentativo di affossare la nomina di Bettina Campedelli, benvista dalla Mansi, ecco che, qualche ora prima della riunione della Deputazione Generale dai posti assegnati ai nominati dalla Provincia “compare” il nome di Marcello Clarich. Lo stimato docente è noto a Siena, per averci studiato e per aver svolto il ruolo di professore universitario. Ha scritto e pubblicato molti libri. Alcuni anche in collaborazione. Con Andrea Pisaneschi (ex membro nel cda di banca Mps) e con  Bernardo Giorgio Mattarella (membro del Comitato Scientifico dell’associazione Astrid, quella di Bassanini e della Luisa Torchia, per intenderci. O di Tania Groppi e Franco Pizzetti, se si preferisce).

Nessuna dietrologia, per carità! Nessun collegamento forzato. Ma se, a questi dati di fatto, si aggiunge che alcune voci (non confermate) parlano di lui come di uno tra i professionisti sentiti da uno o alcuni “colpiti” dall’ultima azione di responsabilità promossa dall’attuale Deputazione generale della Fondazione Mps, il tarlo del dubbio comincia a rodere e diventa impossibile non cedere a questa debolezza. Del resto i politici ci hanno abituati a machiavellici quadri in cui la tela tessuta era talmente intricata ma ben lavorata che, dal primo filo si poteva, senza salti o interruzioni, arrivare all’ultimo.

Il timore che serpeggia nelle stanze di Palazzo Sansedoni è che il presidente che si vuole designare “dall’esterno” sia chiamato ad inficiare quanto fatto da Antonella Mansi. Questo comporterebbe – nell’ordine – la destrutturazione del patrimonio con una insensata distribuzione di fondi e l’annullamento dell’azione di reponsabilità per l’aumento di capitale del 2008 e del 2011.

E se qualcuno si oppone a questa nomina? Beh, si scarica la responsabilità di una Fondazione senza rappresentanza a chi non l’ha voluta; si sventola lo spauracchio del commissariamento e si indìce, magari, una conferenza stampa dai toni indignati, tanto per far passare chiaro lo sdegno per quanto “non accettato”. Con la certezza di avere dalla propria tutto l’ampio spettro dell’opposizione.

Disegno perfetto. Quadro completo. 

Non è facile tenere la barra dritta sulla “continuità nella discontinuità” come vorrebbe la Mansi che lascia definitivamente Palazzo Sansedoni domani. Soprattutto quando le forze fuori spingono per conservare e ri-consolidare vecchie logiche.

Proprio come con la candidatura di Franco Pizzetti, il sindaco Valentini ha prima taciuto (con il “chi tace acconsente”) la candidatura della Campedelli. Poi, ha fatto comunella con il presidente pro-tempore della Provincia Bezzini ed ha puntato su Clarich dando per scontato che la Campedelli fosse sicuramente bruciata dai deputati “informati”.  Qualcosa è andato storto. 

Questa volta (diversamente dalla nomina della Mansi) la Deputazione Generale è matura e non alle prime armi; comprende perfettamente quale lavoro è in gioco e cosa si rischia e non tollera le debolezze reiterate del sindaco. I “portatori dei vecchi appetiti” come li ha chiamati l’ex-presidente della Fondazione, sono sotto le finestre, pronti a gettare cattiva luce sui deputati “riottosi” nella speranza, magari, di levarseli di torno almeno agli occhi dell’opinione pubblica.  

Ma non di sola Fondazione Mps si vive in queste ore. Anche l’assessore Vedovelli sta passando momenti critici. Il rimpasto di Giunta tanto vociferato potrebbe interessare proprio lui. Lui, si dice, sarebbe pronto a lasciare. Al suo posto la più accreditata pare essere la ceccuzziana (manco a dirlo) Rita Petti che, dopo la confusione in Commissione Cultura per la stesura del documento sul Santa Maria della Scala, potrebbe arrivare a “meritarsi” questo nuovo incarico. La cultura a Siena pare stia diventando un vero rompicapo, a dimostrazione che tanti, anche qui, sono gli interessi economici e di potere che si intersecano.

In questo quadro scoraggiante scoccia, e molto, il tono infastidito del sindaco Valentini a commento delle mancate nomine in Fondazione Mps.  Avrebbe dovuto scatenare la sua “rabbia” verso gli ex-vertici dell’ente contro i quali è stata decisa l’azione di responsabilità, alcuni dei quali, per esempio, hanno incarichi di alto profilo nelle partecipate “in rosso” di palazzo Sansedoni. 

Un po’ di indignazione nei confronti di tesserati che non hanno saputo amministrare è possibile esprimerla? Oppure è meglio offendersi per una nomina data per scontata che invece non è andata in porto? Ma questa Fondazione Mps è autonoma o eterodiretta? Perchè se è autonoma nessuno può dettare l’agenda ai deputati, neppure il sindaco di Siena. Se, al contrario, è eterodiretta, diciamolo chiaramente e non ci pensiamo più. 

Smettere con certa ipocrisia, operare nella coerenza e magari andare qualche volta controcorrente (per un bene più alto e più prezioso di una poltrona in palazzo Pubblico) sarebbe un buon passo verso il cambiamento…. Ma quale cambiamento?!? Quello che non c’è stato con le ultime nomine? Quello che non ha portato alcun volto nuovo sulla scena politica e amministrativa senese? Quello che neppure i sienacambisti  riescono più a promuovere perchè privi di sponde e quindi di peso politico? 

Forse ha avuto ragione la Mansi a mollare tutto e andarsene. Sperare nella discontinuità, puntare sulla propria autonomia di pensiero ed agire per il bene di ciò che si amministra è faticoso in una città che non ha rotto con il suo passato recente, costellato di intrighi e bassezze. 

“Nella vita a volte è necessario saper lottare, non solo senza paura ma anche senza speranza”, scrisse Sandro Pertini a sua madre. Analizzati gli avvenimenti e visti i personaggi, mai frase fu più azzeccata in questa stagione senese.