di Ezio Sabatini
SIENA. Erano tutti degli "insospettabili", secondo la definizione del sostituto procuratore della Repubblica, Marini, gli uomini che facevano parte di una consorteria criminale dedita allo spaccio di stupefacenti nelle zone di Radda in Chianti. Ed è proprio questo l'elemento preoccupante dell'Operazione "Black" che i Carabinieri della Compagnia di Poggibonsi hanno portato brillantemente a termine oggi. L'operazione prende il nome da uno dei modi gergali che i criminali utilizzavano al telefono per chiamare la droga, ossia "black-black".
In totale sono 35 le persone denunciate alla autorità giudiziaria. Sono 22 italiani, di cui 6 originari del Chianti, oltre a 13 albanesi. Sono stati effettuati 17 arresti. Di questi 13 su ordinanza di custodia cautelare, due in flagranza di reato durante le perquisizione effettuate questa notte, mentre altre due sono state eseguite in occasione del normale svolgimento delle indagini che si protraevano sin dall'ottobre 2007. Ben 29 sono invece i
soggetti assuntori segnalati all'autorità prefettizia. Oltre che nel nostro territorio le 37 perquisizioni hanno coinvolto anche le provincie di Firenze, Massa, Lodi ed Alessandria, con l'uso di 85 militari ed unità cinofile.
Leader principale della consorteria era M. L., trentenne di buona famiglia e di condizioni sociali agiate, che era il riferimento di un meccanismo di spaccio che comprendeva Siena, Firenze ed Arezzo.
Alla fine, sono stati sequestrati 200 grammi di cocaina, 2 chili e 300 grammi di hashish, 750 euro, una BMW ed una bilancina di precisione. Gli investigatori ipotizzano che il giro d'affari fosse di circa 200mila euro all'anno. A seguito delle indagini pare siano emerse anche altre ipotesi di reato collaterali tipiche di queste situazioni, come le estorsioni ed i danneggiamenti.
Proprio le capacità investigative dei militari sono stati al centro di una conferenza stampa tenutasi oggi alle 18.30 presso la Caserma Salvo d'Acquisto, sede del Comando Provinciale di Siena. A presenziare all'incontro il Comandante di Stazione di Radda in Chianti, il Maresciallo della Compagnia di Poggibonsi ed il Comandante provinciale Colonnello Antonio Marzo.
Il sostituto procuratore Marini ha evidenziato le "grando doti dei Carabinieri che sono riusciti ad operare in un contesto così piccolo e pertanto di così difficile ascolto". La realtà di Radda è fatta di strettissimi rapporti interpersonali ed anche questa struttura criminale altro non era che una somma di due gruppi. "Non siamo di fronte alla criminalità organizzata in senso tradizionale – ha sottolineato Marini – ma di fronte a due gruppi, con come leader due italiani e come quadri intermedi dei cittadini albanesi regolari".
Proprio la regolarità degli albanesi era uno degli aspetti più preoccupanti della cosa. Si è rotto l'assioma che vede nel pensiero comune il legame fra irregolare e spaccio e si è aggiunto quello di una serie di insospettabili dediti ad una attività criminale. Questi due gruppi poi erano a loro volta oggetto di una certa osmosi, così gli assuntori potevano fluidamente diventare a loro volta degli spacciatori. Non si può quindi parlare di organizzazione nel senso stretto del termine.
I metodi di indagine sono stati un mix di vecchio e nuovo. Oltre alle intercettazioni telefoniche, rese molto difficili dal fatto che gli spacciatori
utilizzavano un gran numero di telefoni, sempre diversi, oltre ad un gergo molto difficile da comprendere, anche con riscontri secondo tecniche di indagine tradizionale, come gli appostamenti. In ogni caso, per Marini "portare a buon fine operazioni di questa vastità senza lo strumento delle intercettazioni sarebbe impossibile".
SIENA. Erano tutti degli "insospettabili", secondo la definizione del sostituto procuratore della Repubblica, Marini, gli uomini che facevano parte di una consorteria criminale dedita allo spaccio di stupefacenti nelle zone di Radda in Chianti. Ed è proprio questo l'elemento preoccupante dell'Operazione "Black" che i Carabinieri della Compagnia di Poggibonsi hanno portato brillantemente a termine oggi. L'operazione prende il nome da uno dei modi gergali che i criminali utilizzavano al telefono per chiamare la droga, ossia "black-black".
In totale sono 35 le persone denunciate alla autorità giudiziaria. Sono 22 italiani, di cui 6 originari del Chianti, oltre a 13 albanesi. Sono stati effettuati 17 arresti. Di questi 13 su ordinanza di custodia cautelare, due in flagranza di reato durante le perquisizione effettuate questa notte, mentre altre due sono state eseguite in occasione del normale svolgimento delle indagini che si protraevano sin dall'ottobre 2007. Ben 29 sono invece i
soggetti assuntori segnalati all'autorità prefettizia. Oltre che nel nostro territorio le 37 perquisizioni hanno coinvolto anche le provincie di Firenze, Massa, Lodi ed Alessandria, con l'uso di 85 militari ed unità cinofile.
Leader principale della consorteria era M. L., trentenne di buona famiglia e di condizioni sociali agiate, che era il riferimento di un meccanismo di spaccio che comprendeva Siena, Firenze ed Arezzo.
Alla fine, sono stati sequestrati 200 grammi di cocaina, 2 chili e 300 grammi di hashish, 750 euro, una BMW ed una bilancina di precisione. Gli investigatori ipotizzano che il giro d'affari fosse di circa 200mila euro all'anno. A seguito delle indagini pare siano emerse anche altre ipotesi di reato collaterali tipiche di queste situazioni, come le estorsioni ed i danneggiamenti.
Proprio le capacità investigative dei militari sono stati al centro di una conferenza stampa tenutasi oggi alle 18.30 presso la Caserma Salvo d'Acquisto, sede del Comando Provinciale di Siena. A presenziare all'incontro il Comandante di Stazione di Radda in Chianti, il Maresciallo della Compagnia di Poggibonsi ed il Comandante provinciale Colonnello Antonio Marzo.
Il sostituto procuratore Marini ha evidenziato le "grando doti dei Carabinieri che sono riusciti ad operare in un contesto così piccolo e pertanto di così difficile ascolto". La realtà di Radda è fatta di strettissimi rapporti interpersonali ed anche questa struttura criminale altro non era che una somma di due gruppi. "Non siamo di fronte alla criminalità organizzata in senso tradizionale – ha sottolineato Marini – ma di fronte a due gruppi, con come leader due italiani e come quadri intermedi dei cittadini albanesi regolari".
Proprio la regolarità degli albanesi era uno degli aspetti più preoccupanti della cosa. Si è rotto l'assioma che vede nel pensiero comune il legame fra irregolare e spaccio e si è aggiunto quello di una serie di insospettabili dediti ad una attività criminale. Questi due gruppi poi erano a loro volta oggetto di una certa osmosi, così gli assuntori potevano fluidamente diventare a loro volta degli spacciatori. Non si può quindi parlare di organizzazione nel senso stretto del termine.
I metodi di indagine sono stati un mix di vecchio e nuovo. Oltre alle intercettazioni telefoniche, rese molto difficili dal fatto che gli spacciatori
utilizzavano un gran numero di telefoni, sempre diversi, oltre ad un gergo molto difficile da comprendere, anche con riscontri secondo tecniche di indagine tradizionale, come gli appostamenti. In ogni caso, per Marini "portare a buon fine operazioni di questa vastità senza lo strumento delle intercettazioni sarebbe impossibile".