Circa 700 le iscritte in tutta Italia
di Gianfranco Campione
SIENA. La Banca del Chianti ha ospitato venerdì scorso, nel suo bell’Auditorium di Fontebecci a Siena Nord, un numeroso gruppo della Associazione Donne del Vino Toscane, riunite per celebrare il 25° anniversario della loro Associazione Nazionale. Diana Lenzi, della Tenuta di Petroio, che è la loro delegata regionale, ha ricordato, in un breve ma efficace intervento, che l’Associazione è nata nel 1988 per una brillante intuizione di Elisabetta Tognana, a quel tempo proprietaria della Tenuta di Vistarenni nel Chianti Classico. Diana ha sottolineato che , dopo soli 25 anni, l’Associazione conta circa 700 iscritte, di cui 60 in Toscana, dove il 5% delle aziende vitivinicole è guidato da donne. L’importanza della nostra regione nell’Associazione è anche sottolineata dalla recente nomina alla vice presidenza di Donatella Cinelli Colombini.
Il pezzo forte della bella manifestazione è stata la proiezione in anteprima di “Un paese di Vino” di Felice Pesoli, storia del vino Italiano dall’Unità d’Italia ad oggi. Il lungometraggio verrà trasmesso in televisione a “La Storia siamo noi” il popolare programma della RAI condotto da Gianni Minoli. In poco meno di un’ora il regista ci racconta la straordinaria evoluzione che ha avuto il vino in Italia negli ultimi 150 anni. Da elemento fondamentale, ma direi “silenzioso”, della nostra civiltà millenaria, il vino è divenuto, con l’ accelerazione impressionante di questi ultimi 30 anni, un elemento fondamentale, visibile in tutto il mondo , della nostra lunga storia e della nostra capacità di rinnovarla attingendo a livelli di qualità altissimi.
Le donne stanno certamente giocando un ruolo di primo piano in questo emozionante periodo; ed è interessante notare che, a differenza di tanti altri fenomeni economici, il loro contributo è oggi distribuito ugualmente in tutto il territorio nazionale:dalla Sicilia all’Alto Adige, dalla Campania al Friuli, volendo escludere i tre vertici fondamentali di Toscana, Piemonte e Veneto.
Toscana, Piemonte e Veneto: Felice Pesoli sottolinea nel film che queste tre Regioni hanno costituito l’ossatura del Risorgimento enologico d’Italia . Il primo grande Barolo non si è forse materializzato quando una illuminata castellana piemontese di origine Francese, Giulia Falletti Colbert, convinse il grande enologo Louis Odart a trasferirsi dalla Francia nella sua proprietà a Barolo nelle Langhe? I risultati furono strepitosi e, dopo avere assaggiato la vendemmia 1855, Camillo Benso di Cavour non si fece scappare l’occasione di ottenere la collaborazione di Odart nelle sue vicine proprietà. Negli stessi anni Bettino Ricasoli assorbiva, nei suoi viaggi in Francia, oltre alle idee politiche della vicina repubblica, anche le competenze viticole ed enologiche che gli consentirono le prime grandi annate di Brolio.
Oggi che la competizione tra i vini di tutto il mondo si gioca in gran parte sul valore aggiunto della qualità ( quella percepita e quella intuita), il contributo offerto dal mondo femminile italiano del vino è divenuto e sempre più diverrà prezioso e fondamentale.