Una decisione legata al "parere contrario" di Brambilla e Frattini
di Raffaella Zelia Ruscitto
SIENA.Il Palio di Siena è stato “depennato” dalla lista dei candidati che la commissione interministeriale – composta dai dicasteri di Turismo, Esteri, Beni Culturali e Risorse Agricole – ha presentato a Parigi per consentire l’inserimento di due nuovi “tesori” italiani tra i beni definiti “Patrimonio immateriale dell’Unesco.
A causare questa “cancellazione” – che viene definita non definitiva – il “veto” del ministro del Turismo, Maria Vittoria Brambilla e quello del ministro degli Esteri Frattini.
Mentre Frattini è una new entry tra gli “ostili” al Palio per ragioni che sono ancora sconosciute, la posizione della Brambilla era nota da tanto tempo e si era concretizzata anche nei giorni scorsi quando, ad una trasmissione televisiva, aveva affermato di non vedere come opportuna la candidatura della carriera perché non rappresentativa degli italiani nella loro totalità. Una opinione che teneva conto della presenza di frange di animalisti che ormai da diversi anni polemizzano con l’intera città giudicando la corsa “violenta” e priva di sicurezza per i cavalli. La Brambilla, in quella occasione, si era spinta oltre, dicendo che preferiva la pizza al Palio. Senza considerare, ovviamente, le sostanziali differenze tra una cosa e l’altra.
Una “storia vecchia” (quella tra la Brambilla e Siena) che non si è conclusa neppure con la lettera aperta scritta dal sindaco Maurizio Cenni, dal Magistrato delle Contrade Marco Lonzi e dal presidente del Consorzio per la tutela del Palio, Pierluigi Millozzi che assicuravano – dopo vibranti proteste rivolte al Ministro – che il Palio rispetta tutte le regole stabilite nell’ordinanza del sottosegretario Francesca Martini per la tutela degli animali. Che, anzi, il Palio sarebbe stato un esempio da seguire per tutte le altre manifestazioni del genere.
Ieri (5 aprile) l’annuncio della cancellazione del Palio dalle proposte italiane avanzate alla commissione dell’Unesco. Che non vuol dire, come hanno puntualizzato dai ministeri competenti, che la candidatura non si possa avanzare il prossimo anno. Quando, dopo una serie di ritocchi, sarà possibile riproporre il Palio di Siena come elemento prezioso al patrimonio di tutta la nazione, riconosciuto e amato da tutta Italia.
Il dubbio che sorge a questo punto è: cosa sarà opportuno fare per conciliare la tesi degli amanti della carriera con gli animalisti più estremi? E sotto quali norme questi ultimi si sentiranno di poter dare al Palio il “marchio di legittimità”? Ed ancora, esiste un punto di contatto tra questi due modi di vivere e sentire una tradizione lunga, viva e vegeta da secoli?
Ed infine – e su questo, forse, il Ministro che rappresenta tutta Italia dovrebbe dare una risposta – in base a quali parametri si giudica un bene di tutti? In base a quelli dettati da un gruppo di persone (che siano gli animalisti o che siano i senesi) o in base alla storia, alla concreta e viva tradizione, all’interesse e al richiamo che suscita nel mondo, alla sostanziale rappresentatività nel panorama delle tradizioni dell’umanità?
Perchè, se si tratta solo di difendere chi la pensa diversamente, occorrerà valutare la non rappresentatività di tradizioni legate alla fede come le macchine a spalla che sono rimaste nella lista (non tutti gli italiani sono cattolici, caro Ministro), all’alcool (ci sono anche gli astemi) e al cibo in genere (occorre valutare la sempre crescente presenza di celiaci nella popolazione italiana).