di Lisca
SIENA. Tornano a sfilare sul tufo di questo 2 luglio le glorie del passato. Tornano a vivere insegne di terre e castelli, alleati e dominazioni dell’antica Repubblica di Siena. La Contrada segna tutta la nostra vita, dal battesimo alla fine. Sfilano le comparse, gli alfieri ridisegnano nell’aria le antiche posizioni delle bandiere di guerra come segnalazioni ai comandatori delle truppe dei movimenti della battaglia. Il Masgalano di Eugenia Vanni per “Il Carroccio di Siena”, portato con fierezza da un monturato acceca di bagliori del sole la sua straordinaria bellezza. Il carroccio vero e lento mostra il drappellone di Camilla Adami, con le perplessità e i gradimenti di un dipinto che qualcuno definisce “moderno” per una “Madonna Guerriera” dagli occhi magnetici e inquietanti, su una Suora senza volto e un cavallo in corsa con gli zoccoli alzati. Marea di fazzoletti agitati scaramantici al drappellone che viene sceso dal carroccio e portato solenne al palco dei giudici. Patrizio Salerno e Gianni Roggini hanno snocciolato storie e gesta di tutte le contrade e comparse col parlare per ore senza fermarsi mai. La “Sbandierata della Vittoria” davanti al Palazzo pubblico, con i vessilli di tutte le contrade che si alzano al cielo. Ultimi squilli e un grande silenzio scandiscono l’attesa dell’evento. “A cavallo!”, bandiera bianca, tamburo alla mossa e mortaretto. Urla della folla. Vigili consegnano i nerbi ai fantini, che li alzano a salutare le autorità. E prima scaramuccia Nicchio-Montone. Fantini che parlano da subito e nel tondino. Silenzio teso. Un ufficiale dei Vigili con la busta alta dell’ingresso ai canapi si avvicina e la consegna al mossiere. Un silenzio irreale. “Giraffa” e il primo urlo della folla. Leocorno, Selva, Torre, Istrice, Nicchio, Montone (e ti pareva!) Pantera, Bruco e Aquila di rincorsa. E qui cominciano le storie. I cavalli sembrerebbero calmi, ma si rigirano in testa-coda, con fuoriposto esasperato. Tutti fuori. E parlano fitto con l’Aquila di rincorsa. Rientro, problemi per panciate, calci, organetto verso l’alto con la Pantera che cerca di contrastare l’Aquila, che non entra. Già del Menhir intollerante. E ancora tutti fuori. Rientro coi soliti problemi e scaramuccia duretta fra Nicchio e Montone che cercano di rubarsi il posto aumentando la confusione. Giraffa alta, rigirata, bagarre, fisarmonica. Irrequieto il cavallo dell’Aquila che sembra rifiutarsi di entrare al verrocchino. I cavalli cominciano a schiumare di caldo e stanchezza dell’attesa. Fischi. Giordhan si rifiuta di entrare, qualcuno forza la mossa e il mossiere abbassa il canape. Sgambata defatigante. Terzo rientro. Stavolta l’Aquila ce la fa. Via! Istrice, Leocorno, Giraffa, al primo S. Martino Istrice, Torre, Aquila, e vanno per le terre affiancati e furiosi Nicchio e Montone, che lasciano lì le loro velleità. Primo Casato Istrice, Torre, Aquila, Pantera, Giraffa, secondo S. Martino Istrice, Torre, Aquila. Terzo S. Martino Istrice, Torre, Aquila, la Torre allunga e s’avvicina all’Istrice, ma stringe al terzo Casaro e batte nel colonnina, mentre l’Istrice vola alla vittoria. Silvio Gigli dice lassù “Siena trionfa sempre immortale”. Scene di ordinaria follia. E Camollia esulta. Siena è sua.
Il primo è andato. Sotto al secondo!