Profumo, Ghizzoni ed altri 20 dirigenti Unicredit a rischio rinvio a giudizio
La storia dell’industriale della Divania di Bari Saverio Parisi strangolato dai derivati, che aveva video-registrato di nascosto i suoi incontri con i funzionari di Unicredit che gli avevano fatto firmare contratti finanziari capestro ad altissimo rischio, analoga a decine di migliaia di imprese, alle quali le banche hanno appioppato prodotti tossici ad altissimo rischio, per guadagnare miliardi di euro sulla loro pelle e farla franca con la diretta complicità di Consob e Bankitalia, si arricchisce di nuovi eclatanti sviluppi.
Dopo il processo e la richiesta di rinvio a giudizio del pm di Bari Isabella Ginefra, che vede alla sbarra 16 funzionari Unicredit accusati di aver causato il “dissesto e il conseguente fallimento” di Divania, oltre ad Alessandro Profumo (ora alla guida di Mps) e Federico Ghizzoni, accusati di concorso in bancarotta fraudolenta, per aver indotto Parisi a compiere operazioni “rappresentandogli falsamente” che avrebbe sottoscritto ben 203 contratti derivati – tra il 2000 e il 2005 – “a costo zero per la società” . In questo modo sempre secondo l’accusa, Unicredit ha sottratto a Divania ben 15 milioni di euro. Per il settimo produttore mondiale di divani, questo “inganno” è una botta micidiale, che lo porta dritto al fallimento.
Come scrive il giudice fallimentare Anna De Simone – “consapevolmente o meno” Unicredit ha “indotto in errore l’ufficio fallimentare” di Bari “poiché da un lato, contrariamente a quanto affermato, la pretesa in oggetto non è stata depurata dalla movimentazione dei derivati e, dall’altro, atteso quanto sostenuto dal signor Parisi, le operazioni di finanziamento anticipi estero non sarebbero mai state giustificate da ragioni di natura commerciale”. In realtà – dice l’imprenditore – gran parte dei 12 milioni che formalmente risultano versati da Unicredit a Divania per l’attività d’esportazione sono stati impiegati dalla banca per chiudere artificiosamente e frazionare i finanziamenti per il pagamento dei derivati”, dopo che il consulente del tribunale Riccardo Strada ha verificato che quei 12 milioni sono stati effettivamente usati per ripianare i derivati.
Gli imprenditori strozzati e strangolati dalle banche, le famiglie taglieggiate, le associazioni di tutela di consumatori e risparmiatori a schiena dritta come Adusbef che rifiutano la complicità con le banche, chiedono una inversione di tendenza, un segnale chiaro da parte della magistratura, per far pagare finalmente il conto a banchieri spregiudicati, che spinti dall’avidità di guadagno hanno intossicato fior di imprese portate al crack ed enti locali appioppando derivati fraudolenti, anche con strumenti estorsivi (come nel caso della Divania) per incrementare profitti e guadagni ingiustificati.
Elio Lannutti (presidente Adusbef)