E sottolinea la sua incessante attività con i giovani
SIENA. Il maestro Claudio Abbado, direttore d’orchestra, musicista di altissimo profilo e di rara statura umana ha serenamente chiuso gli occhi la mattina del 20 gennaio 2014.
L’Istituto Superiore di Studi Musicali Rinaldo Franci, desidera ricordarlo soprattutto per la sua grande sensibilità nell’ambito della formazione musicale manifestata con un’incessante attività di investimento nei giovani musicisti (basti pensare alle numerose orchestre giovanili che ha fondato nella sua carriera, dalla European Community Youth Orchestra, alla Chamber Orchestra of Europe, alla Gustav Mahler Jugendorchester, fino all’ultima sua creatura, l’Orchestra Mozart fondata nel 2004).
In una recente intervista, il maestro aveva affermato che la cultura (musicale) è “un bene primario come l’acqua” ed ha la capacità di “superare tutti i limiti” riuscendo la dove gli strumenti ordinari di prevenzione, di recupero o di rieducazione sociale hanno fallito. L’esempio a cui alludeva, da lui così tanto ammirato, è quello dell’orchestra sudamericana Simon Bolivar, con cui ha più volte collaborato; una straordinaria esperienza che si inserisce nella coraggiosa iniziativa di Jose’ Antonio Abreu, fondatore di una orchestra di duecentoquarantamila giovani musicisti, molti dei quali provenienti dall’indigenza dei barrios e delle favelas; giovani tolti e salvati da un contesto dove violenza, prevaricazione ed intolleranza sono le uniche esperienze della quotidianità, cause che producono e mantengono soltanto i relativi effetti. Quando allora il maestro Abbado affermava che “la cultura salva” perché “è libertà”, non era un’affermazione retorica (non era da lui, persona anti-retorica), affermava semplicemente il vero, la realtà che è sotto gli occhi di tutti (anche di chi non la vuole vedere ne comprendere).
In quest’ottica sociale, a più livelli e in differenti contesti, si inserisce una delle più importanti funzioni della formazione musicale, non solo nel lontano Venezuela, ma in ogni angolo della terra attraversata da esseri umani, fratelli sotto lo stesso cielo.
In questo senso, il miglior modo per onorare l’eredità spirituale e artistica di un maestro, non è un poetico necrologio, ma l’impegno reale e costante nel continuare la sua opera, facendo propria la sua visione del mondo e dell’uomo, salvato, come afferma l’Idiota di Fëdor Dostoevskij, dalla Bellezza.