di Augusto Mattioli
SIENA.“Il consorzio del Vino Brunello di Montalcino è nato nel 1967 all'indomani del riconoscimento della D.O.C., come libera associazione fra i produttori,intenzionati a tutelare il loro vino il cui prestigio sempre più andava affermandosi. Il Consorzio del VinoBrunello di Montalcino ha rappresentato in questi anni uno strumento di scrupolosa e responsabile autodisciplina, inoltre ha sollecitato un coagulo fra aziende vecchie e nuove, piccole e grandi, così che le consolidate e sagge abitudini sono diventate una comune strategia per il successo qualitativo”.
Questo passo che abbiamo ripreso dal sito del consorzio del Brunello di Montalcino stride non poco con il risultato delle indagini coordinate dal sostituto procuratore della repubblica Mario Formisano sul mancato rispetto del disciplinare di produzione del famoso vino che prevede il 100% di Sangiovese, senza aggiunta di altri vitigni.
La Guardia di Finanza questa mattina (18 luglio) ha fatto conoscere il risultato delle indagini iniziate nel settembre di due anni. Un risultato imbarazzante per l’immagine del famoso vino. Che, è opportuno sottolinearlo, non è stato adulterato ma “ammorbidito” con vitigni che lo fanno essere più gradevole al palato dei consumatori soprattutto quelli degli Stati uniti. Ma che non può essere chiamato Brunello.
In ogni caso, sulla base degli accertamenti fatti il direttore del consorzio e due ispettori del comitato di certificazione hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari con l’ipotesi di reato di associazione a delinquere finalizzata a frode in commercio e al falso ideologico. Sette inoltre le imprese coinvolte, i cui responsabili, in totale 13, hanno chiesto il patteggiamento o hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini per i reati di frode in commercio e falso in atti, commessi in qualche in associazione. Una persona inoltre è stata denunciata per false informazioni al pubblico ministero Mario Formisano, che ha coordinato l’inchiesta. Top secret invece sui nomi delle aziende coinvolte nonostante le richieste dei giornalisti che hanno fatto presente che non si possono accomunare le aziende che hanno rispettato le regole che gli stessi produttori si sono dati e chi invece, per pure ragioni economiche ha fatto il furbo.
“L’aspetto più delicato e carente di tutta questa storia – ha sottolineato il comandante della Guardia di Finanza di Siena colonnello Giovanni Padula – è la catena dei controlli interni. Si rende trasparente la responsabilità dei mancati controlli. Ci sono responsabilità penali di chi li doveva fare”.
Le indagini sono iniziate nel settembre del 2007 partendo da documenti acquisti al consorzio del Brunello che attestavano controlli finalizzati a stabilire la base del vino e la resa unitaria di uva per ettaro di vigneto. E che appunto hanno potuto stabilire che vi si coltivavano vitigni non riconosciuti per la produzione del famoso vino. In particolare gli ispettori del consorzio nel corso delle loro verifiche hanno rilevato la coltivazione di vini non riconosciuti ma il comitato di certificazione che opera in seno al Consorzio, nonostante le irregolarità “gravi” – secondo la Finanza – emerse dai verbali, ha concesso “attestati di non conformità lievi”, consentendo ai produttori di commercializzare le produzioni dal 2003 al 2007 di Brunello e di Rosso di Montalcino senza i requisiti richiesti.
Coinvolti nelle indagini i più importanti produttori della zona di produzione del Brunello e del Rosso di Montalcino e sequestrati 6,7 milioni di litri di vino di cui il 20% sono stati declassati a Indicazione geografica tipica Toscana Rosso. Inoltre sono stati sequestrati anche altri vini doc come Rosso di Montalcino doc, Chianti Classico Docg, e Igt Toscana Rosso per un totale di 1,7 milioni di litri di cui oltre il 40% declassati a denominazione di minor pregio e 100 mila litri direttamente inviati alla distillazione. Inoltre sono stati sequestrati 400 ettari nei quali erano coltivati vitigni non riconosciuti dal disciplinare di produzione. Ne sono stati restituiti 350, dopo che i vigneti sono stati regolarizzati. 50 ettari sono in attesa di regolarizzazione.