Il direttore generale della Banca d'Italia tiene una Lectio Magistralis al Senato sul tema 'Stato, mercato, sviluppo'
ROMA. Il direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, interviene nella lectio magistralis tenuta al Senato, in occasione del Premio Donato Menichella. Tanti e diversi i temi affrontati da Rossi, primo fra tutti l’interventi della ‘mano pubblica’ per risolvere la crisi che, secondo il Dg non è la panacea. ”Il divario a nostro sfavore resta ampio negli indicatori di contesto istituzionale, come l’efficienza della giustizia civile e la diffusione della corruzione” ha commentato, sottolineando che ”la crisi degli ultimi anni ha mutato il clima psicologico e politico. Nei paesi colpiti dalla crisi, come l’Italia, si è aggiunta un’ansiosa invocazione della mano pubblica, in particolare nella forma di politiche industriali, negli anni passati accantonate come distorsive e fonte di sprechi. La loro eventuale efficacia – prosegue Rossi – risiede o in una migliore informazione o in una maggiore lungimiranza dello Stato: è pertanto dubbio che esse siano la panacea che taluno proponenti immaginano, almeno se non se ne fissano attentamente limiti e condizioni”. Rossi, poi, prosegue il suo intervento toccando altri temi: ”Una tassazione ‘vessatoria’ rischia di rendere il valore della stabilità finanziaria molto costoso in termini di crescita” ha spiegato, sottolineando che ”una coesistenza equilibrata di mercati e intermediari rende più stabile il flusso di credito per l’economia reale”. Inoltre, ”le iniziative volte ad agevolare l’accesso delle nostre imprese ai mercati azionari e obbligazionari, dice, rappresentano passi decisivi verso la creazione di un sistema finanziario più stabile e diversificato”. ”Lo sviluppo economico lo fanno gli inventori e le imprese, nel libero gioco del mercato. Il primo compito, formidabile, dello Stato è di rendere quel gioco possibile”. Durante il suo intervento, Rossi partecipa al dibattito politico tra Confindustria e il governo sulle misure per la crescita, partendo dalle lezioni di Adam Smith, fino a spiegare che ”in Italia, il dibattito dei meriti e i compiti rispettivi di Stato e mercato non è mai cessato, anche per una secolare inclinazione statalista – dice Rossi – delle nostre principali culture politiche, dello stesso ordinamento giuridico”. Vanno però create – suggerisce – ”le condizioni necessarie perchè i meccanismi di autodisciplina del mercato possano funzionare in modo efficace”. Infatti, ”le mancanze degli attori pubblici nel fissare le regole e nel farle rispettare – conclude Rossi – possono essere, e storicamente sono state, causa e concausa delle più violente e dannose crisi finanziarie dell’era moderna, tali da distruggere ricchezza reale e inceppare per anni i meccanismi dello sviluppo”.