Stima approssimativa: 500 mln di sponsorizzazioni a Robur e Mens Sana

di Red
SIENA. Mens Sana Basket e Robur Calcio chiudono i battenti con 100 milioni di euro di debiti in due, nonostante che dal 2000 ad oggi siano stati foraggiati con una quantità incredibile di quattrini della banca Monte dei Paschi. Banca che è andata sull’orlo del suo fallimento non per questo tipo d’operazione, come tutti sanno e dovrebbero ricordare, perché nel giro d’affari di una grande banca questi sono ancora bruscolini. Lo dimostra l’indifferente sicumera della direzione Generale e del Tandem davanti alla prospettiva di dover capitalizzare gli 800 milioni (tanto si scrive sui giornali di economia) dell’esposizione verso quella Sorgenia della famiglia De Benedetti, il cui leader è pur sempre la tessera numero uno del PD, che scommetteva sulla liberalizzazione del mercato dell’energia e sulle fonti rinnovabili e sulla crescita all’infinito dei consumi elettrici. Tutta roba finanziata con le tasse aggiunte sulla bolletta elettrica, con voci incomprensibili, che molto contribuisce a non rendere competitive le produzioni italiane all’estero per favorire gli arraffatori nazionali.
Scommetteva, si scopre ora, con i soldi di Rocca Salimbeni e delle altre banche italiane. Il capitalista dovrebbe rischiare il proprio, di capitale e non quello delle banche e dei suoi presidenti che non sanno fare il mestiere di banchieri, come tristemente disse un certo Giuseppe Mussari, che però a relazionare e scialacquare con i vari Minucci, Zaleski, De Luca, Lombardi Stronati, Mezzaroma, Amato, Draghi , Saccomanni (ed ancora la pentola non è del tutto scoperchiata, le indagini sono aperte) fino a diventare presidente dell’Abi – il culmine dell’ironia – si era dimostrato capacissimo. Un fritto misto di sport e affarismo, politica e salotto. Il famoso salotto buono che il povero Mancini credeva di essersi comprato entrando nel capitale di Mediobanca, poi rivenduto a prezzi di saldo per far fronte all’ultimo aumento di capitale, tra lo sghignazzare di tutto il mondo dell’alta finanza. L’arma finale della disperazione del duo Mussari-Vigni che ha affondato Siena per un numero di anni che nessuno riesce ancora a prevedere.
Senza tessuto industriale, con il continuo invecchiamento della popolazione e l’emigrazione che toccherà i nostri figli come una qualsiasi città del Sud più remoto, una volta che saranno finite le rendite delle pensioni degli ex-montepaschini più fortunati, il futuro della città è incerto, ma le prime pagine sono tutte per calcio e basket, che occupano spesso totalmente l’agenda di una Amministrazione che dovrebbe occuparsi d’altro. In questo Siena è specchio dell’Italia: la riforma del Senato non sposterà di uno zero virgola il Pil nazionale, ma sembra diventata la necessità primaria degli italiani, pompata a più non posso su tutti i media. Peccato che dopo la sua approvazione tutto sarà come prima, compresi la gran parte di individui che attualmente occupa “manu electorali” Palazzo Madama.
Ma tornando alle vicende pallonare locali, ci sembra assurdo che nessuno avesse voluto capire fin da questa primavera che, senza la conquista della serie A, per la Robur non ci sarebbe stata alcuna possibilità di salvezza (leggi diritti televisivi). Giornate inutili spese a invocare miracolosi interventi dell’Amministrazione comunale, a incensare supposti motivi che avrebbero dovuto spingere qualche riccone a “investire” nel Siena calcio. Per tacere della banca e delle sue presupposte responsabilità, come se 500 milioni di sponsorizzazioni dal 2000 a oggi (solo tra Robur e Mens Sana) non fossero stati sufficienti. O giornate inutili a produrre insensati documenti senza presupposti di redditività economica per sventrare come un bue l’area del Rastrello, rimettendo alla sorte l’eventuale crollo delle mura della Fortezza e spedendo i bambini dell’asilo in un carcere di cemento, come sarebbe stata la struttura ipotizzata. Per di più, avendo a Siena (e impegnato nel calcio) un costruttore edile ritenuto facoltoso e di grandi capacità manageriali, si sarebbe dovuto realizzare con capitali e imprese tedesche. Nessuno ha ritenuto la cosa poco logica: se non da solo, un pool di imprenditori locali avrebbe potuto permettersi il rischio d’impresa. Ma forse impresa non era e qualcuno comincia a chiederselo.
Ben altra pasta i senesi di una volta, capaci di costruirsi la ferrovia senza l’aiuto dello Stato, senza piangersi addosso, senza invocare o maledire l’aiuto dello straniero. E facendo ancbe bene i conti.