Lo statuto gattopardesco manciniano: cambiare perché nulla cambi
di Red
SIENA. La strada della restaurazione del potere l’ha indicata qualche giorno fa Turiddo Campaini. L’ineffabile consigliere di amministrazione che ha accompagnato tutta la storia del presidente Giuseppe Mussari nella banca MPS, ritiratosi in silenzio nel 2013 prima di venir fatto fuori dal ciclone Profumo, non pagherà nemmeno un minuto la responsabilità di aver condiviso tutte le scelte da Antonveneta in poi che solo all’Unicoop fiorentina hanno provocato perdite per 400 milioni. Il vero gattopardo Campaini lascia la poltrona del gigante della distribuzione a Daniela Mori, 52 anni, risorsa interna, ma si fa modificare lo statuto a uso e consumo personale per diventare “presidente onorario” per essere una delle “personalità che abbiano contribuito in modo rilevante allo sviluppo e alla affermazione delle cooperative”. I milioni buttati al vento? Quisquilie.
Sul rinnovo del vertice della Fondazione MPS, grazie allo statuto voluto da Gabriello Mancini prima di abbandonare nell’ignominia il ruolo di presidente – tanto che a distanza di un anno non è stato ancora riciclato dal sistema – per i danni miliardari provocati ubbidendo a ordini altrui (come ha affermato più di una volta), aleggia l’aria della restaurazione. Eppure in un comunicato del febbraio 2013, la candidata sindaco Laura Vigni scriveva: “Sono convinta che modificare ora lo Statuto della Fondazione MPS sarebbe non solo utile e opportuno, ma anche necessario, anzi indispensabile, nel momento in cui le inchieste giudiziarie sulla Banca accertano l’esistenza di un sistema basato sulla disonestà e sul furto, cui si sono rivelate funzionali alcune norme dello stesso Statuto dal carattere politicamente corruttivo. Invece mi pare che la richiesta di dimissioni di massa e commissariamento (formulata da opposte parti politiche che hanno diversi interessi) sia solo propaganda elettorale che fa il paio con l’ottusità di chi dentro la Fondazione non vorrebbe cambiare niente, nella convinzione che, passata la bufera, tutto potrà tornare come prima”. I miliardi buttati al vento? Quisquilie.
Risultato dell’azione sua e della deputata Buscalferri è che dopo un anno il presidente di rottura Mansi è costretto a lasciare (ci si perdoni ritenere le “ragioni personali” la solita foglia di fico) assieme alla Deputazione. Il lotto dei nomi papabili per la nuova Deputazione riporta tutti, pur con la scusa dell’iter trasparente, alle scelte che farà la solita politica imperante e che i nomi circolati dimostrano ampiamente: altro che la Restaurazione post-napoleonica! Per cambiare le cose occorre cambiare prima di tutto le persone e la mentalità, e questo non sta succedendo a Siena. Il presidente della Provincia Bezzini resta responsabilmente al suo posto, forse rassicurato dal governo che non sarebbe stato inviato alcun commissario in sua vece, così entro luglio potrà procedere a nominare i nuovi deputati di sua competenza: un altro tassello del “vecchio che avanza” a cui la fretta manciniana non aveva pensato, benché tutti sapessero della soppressione delle province. Abbiamo governanti, da Roma a Siena, che si sono divertiti a fare leggi strampalate che nei loro proclami avrebbero dovuto cambiare il mondo, ma in realtà sono artatamente piene di buchi per far rientrare dalla finestra i personaggi che, nel nostro caso, hanno distrutto città, banca e tessuto economico. E vedendo cosa succede in Carige o in altri istituti di credito nazionali, non è che possiamo consolarci.
I miliardi buttati al vento? Quisquilie.