"The Iron Lady", conservatrice e liberista, si è spenta oggi a Londra
di Guido Giacomo Corsi
SIENA. Controversa, irremovibile e anti europeista: si può tentare di riassumere così la storia della carriera politica della Thatcher, Primo Ministro del Regno Unito dal 1979 al 1990 per il Partito Conservatore, ma se si dovessero elencare tutti gli aggettivi disponibili nelle varie lingue, si avrebbe solo un quadro schematico, freddo e calcolato, e non si deve scordare la persona e le azioni.
Proprio lei, in un famoso discorso, disse “cura le tue parole, diventeranno le tue azioni (…)”. Una strada di coerenza che, per quanto poco apprezzata dai lavoratori del settore manifatturiero, dai sindacati, dai terroristi dell’IRA e dai minatori, ancora oggi fatica ad essere percorsa. Perchè coerenza non è solamente dire quello che si pensa ed agire di conseguenza oppure cercare di nascondere i propri scheletri nell’armadio.
Le bugie hanno le gambe corte, dice un detto popolare quanto mai veritiero, ma la forza sta nel dire sempre la verità, pur quando può sembrare a detta della maggioranza, immorale o popolare, e seguire quella strada individuale, sbagliando, magari anche cadendo in contraddizione ma avendo la forza di sopportare le conseguenze delle proprie parole/azioni e cercare di porvi rimedio.
Nata come Margaret Roberts da umili origini (il padre gestiva una drogheria), si candidò per il Partito Conservatore nel Kent (dove lavorava presso un’industria conserviera, essendo laureata in chimica) e, pur non uscendone vincitrice, il partito ne uscì fortemente rafforzato, con un numero di voti senza precedenti e, proprio in quell’occasione, conobbe Denis Thatcher, che sposerà nello stesso anno, il 1951.
Riuscì ad entrare, una delle prime donne, alla Camera dei Comuni, pochi anni dopo e via via ottenne carichi sempre più importanti sia nel partito che nei governi (famoso il primo soprannome affibbiatole “Thatcher the milk snatcher”, la ruba-latte) per aver eliminato, quando era Ministro dell’Istruzione, il latte gratuito per i bambini delle scuole primarie, nel tentativo di tenere i costi sotto controllo.
Votò, tra i pochi del suo partito, e con grande lungimiranza a favore della depenalizzazione dell’omosessualità e dell’aborto già negli anni ’60.
Nel 1975 poi, la svolta: contrariamente all’opinione di molti suoi compagni di partito, si candida come leader dello stesso vincendo, nel 1979, le elezioni politiche.
Una donna, conservatrice, entrava al n.11 di Downing Street, con la promessa di armonia e coesione per il paese, che allora versava in uno stato economico disastroso, con disoccupazione altissima e servizi pubblici prossimi al collasso.
Erano anni caldi, con la Guerra Fredda che permeava tutte le relazioni politiche internazionali e, per la Gran Bretagna, la spina nel fianco della questione irlandese, che provocava attentati e morti ogni giorno, che riempiva le prigioni di “criminali” (non più “prigionieri politici”)che morivano, attuando lo sciopero della fame. Proprio in uno di questi attentati, a Brighton nel 1984, “Maggie” scampò miracolosamente all’esplosione dell’hotel dove si teneva il congresso del partito, pur causando 5 morti.
E, non ultima, la guerra delle isole Falkland, che proprio poco tempo fa è tornata alla ribalta per i suoi strascichi dopo 30 anni, con le isole ancora reclamate dall’Argentina e la popolazione chiamata a votare per decidere “sotto chi stare”. Ha vinto, abbastanza prevedibilmente, la scelta di rimanere sotto il controllo inglese.
La rete e, specialmente Twitter, si è scatenata: fioriscono, sia in italiano che in inglese, battue e doppi sensi. C’è chi la osanna, chi la critica, chi dice “i sindacati alla fine hanno vinto”, chi la rispetta, chi lascia un pensiero, chi cade dalle nuvole “ah, era ancora viva?” e chi non sa nemmeno chi fosse.
Dopo essersi ritirata dalla vita politica ed aver limitato le sue apparizioni pubbliche a causa dei problemi di salute (soffriva di Alzheimer) e della morte del marito Denis nel 2003, oggi un ictus ne ha decretato la definitiva scomparsa dalla scena.
Ma continua a far parlare di sé. Ancora una volta.