Tetto allo stipendio? Quello è solo per i dipendenti!
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di Red
SIENA. Finalmente è venuto alla luce a cosa servivano le giornate di solidarietà dei dipendenti del Monte dei Paschi. Non ad alimentare le pensioni anticipate dei colleghi “costretti” alle dimissioni volontarie (anche nei molti grotteschi casi in cui il neo-pensionato riceve mensilmente una pensione molto più alta dello stipendio di chi rimane al lavoro), ma soprattutto ad alimentare lo stipendio del capo. Alla faccia delle raccomandazioni di Bruxelles. Evidentemente il diktat della Commissione Ue, caro Almunia, serve quando deve fare lo spauracchio ai cittadini che non concordano con le “oscure manovre” e vorrebbero avere spiegazioni sui guasti e le responsabilità del tracollo di tutta Siena, ma contano nulla né saranno rispettate quando blandiscono gli sprovveduti lettori con promesse di giustizia e moderazione puntualmente disattese.
Scrive infatti Radiocor: “L’amministratore delegato del Monte dei Paschi Fabrizio Viola ha percepito dalla banca l’anno scorso 1.791.000 euro per gli emolumenti 2013 nonostante il tetto teorico dei 500mila euro imposto dalla Commissione Europea per il piano di ristrutturazione della banca. E’ quanto si legge nella relazione sulla remunerazione predisposta dalla banca in vista dell’assemblea di fine aprile consultata da Radiocor. La relazione riporta il tetto di 500mila imposto ai livelli retributivi del management del gruppo che per Viola ha significato la rinuncia a emolumenti da 3,5 milioni massimi derivanti dal suo contratto (1,4milioni fissi e 2,1 di variabile massimo potenziale). Il top manager tuttavia l’anno scorso ha ricevuto 1.389.000 euro per la carica di direttore generale e altri 402mila euro per quella di amministratore delegato, indennità originariamente sospesa per la richiesta di Bruxelles e poi ripristinata “in seguito del venir meno dei presupposti della rinuncia”. A Viola, inoltre, la banca ha riconosciuto un importo transattivo da 1,2milioni che potrà ricevere una volta che ci sarà “la sottoscrizione degli impegni vincolanti per l’aumento di capitale della banca”.
Eppure il 28 luglio 2013 il Financial Times, un giornale che ha denunciato come la politica italiana si sia “ostinatamente rifiutata di nazionalizzare la banca”, aveva reso pubblico il contenuto della lettera di Almunia e della Ue al governo italiano sul caso MPS in cui era stato esplicitamente chiesto, tra i tanti punti in questione, la riduzione dei compensi dei manager. Piano piano potrebbe venire fuori che nemmeno il presidente Profumo lavora gratis come ci è stato raccontato (si accontente dei 60mila euro di spettanza come consigliere di amministrazione?). Una cosa strana, visto che gratis si lavora solo nel volontariato e c’è anche chi l’ha usato per farci una carriera politica. Lavorare gratis significa non dover rendere conto del proprio operato che al proprio gruppo di interesse, e non all’interesse del soggetto per cui si lavora. Remunerazione e rendimento seguono la stessa parabola: e se una è zero, l’altra è zero. Peccato per Profumo, che di soldini ne avrebbe bisogno per pagarsi gli avvocati. Non è ancora finito il processo sul caso Brontos, che nella sfera di cristallo si può già immaginare arrivare bellamente alla prescrizione (avremo modo di riprendere l’argomento), che la grana Divania è giunta al capolinea della chiusura indagini. Una sciocchezza di investimenti sbagliati, 203 derivati per un importo di 15 milioni di euro, Secondo la procura di Bari Unicredit avrebbe costretto l’azienda pugliese alla sottoscrizione, procurandole l’inopinato fallimento.
Aggiornamento delle ore 16:55
Una breve ricerca sul motore interno del cittadinoonline.it racconta esattamente i movimenti del processo “Brontos”: istruito a Milano, su richiesta dei difensori di alcuni imputati dal giudice monocratico Monfredi è stato trasferito a Bologna il 23 novembre 2012. I giudici felsinei si sono a loro volta dichiarati incompetenti e la Cassazione, con sentenza depositata il 25 ottobre 2013, ha disposto che la sede del processo è Roma, nel tribunale un tempo chiamato “il porto delle nebbie” dove i processi si possono perdere … il dito è il processo, la luna è la prescrizione. Sul fatto che l’inchiesta Divania possa fare una fine simile non possiamo che essere d’accordo (Red).