Margherita Oggero lo può. Ha lavorato per trent’anni nella scuola, ha raccolto testimonianze dalle quali sono nati romanzi e momenti di riflessione utili a tutti.
L’appuntamento per discutere sull’argomento, trattato in Orgoglio di classe (Mondadori editore), è per lunedì (30 marzo) alle ore 18 alla libreria Becarelli (via Mameli 14), dove sarà intervistata dalla professoressa Elena Burchianti per innescare con il pubblico spunti di confronto, stimolati, anche, dalla lettura di alcune pagine del libro a cura degli attori Paola Benocci e Massimiliano Alocco.
“Siamo un Paese di vecchi – scrive l’autrice – non solo per l’innalzamento dell’età media degli abitanti e della bassa natalità, ma anche perché ci manca (e manca soprattutto alla classe dirigente) la voglia di progettare a lunga scadenza, perché siamo impantanati in una visione miope dell’immediato, perché non abbiamo il coraggio di mettere in gioco le risorse positive di tanti giovani che avrebbero voglia di fare e invece incontrano sul loro cammino intralci di ogni natura”.
Niente di più vero, visto che “i nostri studenti sono tra i più somari del mondo industrializzato” (dati Ocse), perché in Italia “la nostra malata (la scuola ndr) è stata sottoposta a un eccesso di cure improvvisate e spesso fantasiosamente strampalate. E così non solo non si è ripresa, ma ha visto peggiorare i propri sintomi, sino al punto di trovarsi in prognosi riservata”.
Equilibratamente sarcastica ed umoristica, soprattutto preparata, la Oggero non risparmia critiche, sempre costruttive e non banalmente gratuite ed esprime pareri e osservazioni senza contaminazioni ideologiche, semplicemente legate ad un “buon senso”, quello di chi, la scuola, l’ha amata e praticata a lungo, giudicando, in maniera propositiva, tutto quel buonismo di cui, troppo spesso, ci piace riempirci bocca ed orecchie, senza pensare, invece, alla ricaduta negativa sia sull’educazione nozionistica che su quella più prettamente civica di cui avrebbero bisogno gli studenti e non solo. Sì perché la scuola non può essere delegata a ricoprire, da sola, il ruolo di “agenzia” formativa; la famiglia e la collettività tutta devono dare il loro contributo per la formazione dell’individuo.
Lasciar fare alla natura, senza intervenire, come alcuni psicologi dell’età evolutiva indicano, “è sempre più facile e più comodo che scegliere una linea consapevole e attiva di condotta, a cui attenersi sino a quando non si riveli palesemente sbagliata”.
Ma allora, forse, è troppo tardi per correggere un adolescente che dialoga con il turpiloquio, che sporca l’ambiente, che reagisce con violenza a qualsiasi contrarietà mediabile, invece, con il semplice uso della parola.