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Quando in piazza del Campo c’erano le auto…

L'assessori Maggi ricorda i 50 anni della chiusura del centro storico di Siena

SIENA. “Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Bracci avevano lanciato l’allarme fin dal 1953, facendo presenti i pericoli dell’espansione dell’edilizia, dovuta a una speculazione che non aveva alcun rispetto per la città, e che non considerava in alcun modo il problema del traffico urbano. A seguito del loro intervento e del tentativo di edificare la valle delle fonti di Follonica, nel 1956 fu affidato l’incarico di redigere il piano regolatore comunale a Luigi Piccinato, urbanista noto a livello internazionale, insieme Piero Bottoni di Milano e Aldo Luchini di Siena. Il piano Piccinato stabilì di non edificare nel centro storico, sviluppando la periferia a nord, dove sarebbe anche stato costruito il nuovo ospedale. Per fare posto alle automobili in grande espansione, il piano Piccinato prevedeva due strade di circonvallazione fra piazza del Sale e Santo Spirito e fra San Domenico e il Duomo, da ottenere con lo sventramento dei palazzi esistenti. La diffusione dell’auto aveva infatti condizionato persino il pensiero di illustri urbanisti, che cercavano di trovare soluzioni per consentire il transito e la sosta dei veicoli a motore. Con l’avanzata della motorizzazione di massa, la situazione divenne insostenibile a partire proprio da Siena, che come poche altre città italiane aveva conservato il tessuto medioevale di vicoli e stradine.

“Per noi – scriveva nel 1962 Aldo Cairola, direttore de “La Balzana” – la minaccia viene dalle strade. Strade, ce lo siamo dimenticati, nate e create per la circolazione pedonale e, in casi limitati, equestre, oggi costrette a sopportare un gravame circolatorio eccessivo ed innaturale; strade strette, inadatte alla circolazione di grossi mezzi motorizzati; strade misurate e concepite per l’uomo”.

Nel luglio 1962, il sindaco Ugo Bartalini vietò la sosta e la circolazione nell’anello superiore di piazza del Campo, oltre a limitare la circolazione dei bus turistici. Si trattava del primo provvedimento concreto preso per contenere il traffico. Il problema delle automobili nei centri storici non era soltanto di Siena o dell’Italia, ma riguardava tutta l’Europa. Nel novembre 1963 fu pubblicato il volume Traffic in Towns. A study of the long term problems of traffic in urban areas. Si trattava di uno studio condotto dal prof. Colin Buchanan per conto del Ministero dei Trasporti inglese, che faceva una chiara analisi della problematica. La penetrazione e la circolazione nelle città sarebbero diventate sempre più faticose e la congestione stradale avrebbe reso pericolosa la vita dei pedoni, di conseguenza l’ambiente urbano sarebbe divenuto sempre più invivibile. Secondo Buchanan, la soluzione si poteva trovare soltanto con una nuova filosofia della circolazione, osservando come ci si muove all’interno degli edifici moderni, dove esistono sistemi di corridoi e stanze, queste ultime separate dai corridoi e dedicate soltanto a una circolazione locale. Che si tratti di un ufficio o di una cucina, il principio è lo stesso: le stanze sono sempre separate dal “traffico” di attraversamento.

L’Associazione Italia Nostra – fondata pochi anni prima, nel 1955 – decise di studiare il problema, affidando nel ’64 la redazione di una memoria all’arch. Achille Neri, il cui studio, intitolato Alcune proposte di sistemazione del traffico nel centro storico di Siena, venne stampato e inviato alle istituzioni. Lo studio prevedeva la riconversione degli ambienti cittadini alla circolazione pedonale, recuperando il silenzio in città e garantendo una maggiore sicurezza per chi si spostava a piedi. Occorreva però una drastica scelta sul numero, sul tipo e sulla velocità dei veicoli ammessi nel centro, nonché una precisa scelta degli itinerari del traffico e delle strade esclusivamente destinate ai pedoni.

schema chiusura centro storico SienaIl consiglio comunale, entrato in carica nel gennaio 1965, portò al governo della città una giunta guidata dal sindaco Fazio Fabbrini, assessore all’Urbanistica Augusto Mazzini. Nel documento programmatico, presentato al consiglio comunale il 7 giugno, si legge: “Una prima importante misura che l’amministrazione prenderà sarà quella della chiusura al traffico automobilistico di una parte del vecchio centro storico per ridare alla città, anche in tal modo, tutta la sua originaria incomparabile bellezza”. Il progetto per la nuova disciplina della circolazione nel centro cittadino si basava su due principi cardine: creare una zona centrale riservata alla circolazione pedonale e abolire lo scorrimento dei veicoli nel centro storico. Il 6 luglio 1965 venne emanata l’ordinanza del sindaco n. 148, intitolata Norme particolari di circolazione nel centro cittadino, in vigore dall’11 luglio. Si trattava di un provvedimento innovativo a livello internazionale, che avrebbe fatto scuola in Italia e all’estero, ma che i più non capirono.

Le porte di molti negozi si chiusero, le auto percorsero in corteo le vie cittadine, occuparono Piazza del Campo, Piazza del Mercato; i clacson suonarono a distesa per ore e ore e il telefono del Comune squillò ininterrottamente, carico soprattutto di invettive e minacce. L’Ordine dei Medici, l’Automobile Club e il museo dell’Opera Metropolitana, insieme ad alcuni privati cittadini, promossero persino un ricorso gerarchico al ministro dei Lavori Pubblici contro l’ordinanza del sindaco, che dovette giustificare più volte il provvedimento emesso.

“Mi colpì in particolare in quei primi giorni – ha scritto Fabbrini in un libro di memorie – la presenza nelle vie chiuse di moltissime carrozzine con i neonati che le giovani mamme, spesso in coppia con i mariti, quasi a voler sfidare gli oppositori, portavano a spasso per Banchi di Sopra; i capannelli di persone che conversavano liberamente senza essere costrette ad addossarsi alle mura per evitare di essere investite e il ritorno di odori che erano stati soffocati dai fumi di scarico”.

La crisi dell’Amministrazione comunale, che portò alle dimissioni del sindaco nel maggio 1966, con l’arrivo del commissario prefettizio, determinò una “marcia indietro” e il transito nord-sud venne parzialmente riaperto a partire dal settembre ‘66, anche a seguito dei ricorsi presentati al Ministero dei Lavori Pubblici.

La chiusura del centro con la creazione dell’isola pedonale non venne però messa in discussione e anzi negli anni successivi iniziò l’estensione dell’isola stessa. Nell’agosto 1972, dopo la lunga parentesi del commissario prefettizio, il sindaco Roberto Barzanti aumentò la zona chiusa, vietando l’ingresso alla città dall’area di San Domenico, e riprendendo un percorso che con successivi provvedimenti è arrivato fino ai giorni nostri.

In un’intervista rilasciata a Barzanti nel marzo 1983, a distanza di quasi 30 anni dall’elaborazione del piano regolatore, l’architetto Luigi Piccinato, ormai anziano, affermava: “L’adozione del provvedimento che fece pedonale la parte più cospicua del centro storico – poi, a quel che ne so, variamente corretto e ampliato – è stata una delle grandi conquiste di Siena. Tutta l’Italia oggi non solo la imita, ma la studia. Fu un atto che ha contribuito a salvare la struttura organica – sottolineo questa parola – di tanti altri centri urbani”.

Da Siena, era quindi partita una nuova idea urbanistica: invece di sventrare i palazzi per fare posto alle automobili, allontanare queste ultime dai centri storici. Era semplice, ma nessuno ci aveva pensato. Oggi, a mezzo secolo di distanza, siamo chiamati ad adottare provvedimenti analoghi, che seguono la pedonalizzazione di Banchi di Sopra, con chiusura completa al traffico di scorrimento, attuata nel luglio 2014”.

Stefano Maggi – assessore all’Urbanistica Traffico e Trasporti del Comune di Siena

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